Un insieme di riflessioni sugli usi sociali della scrittura e sul potere che deriva dal controllarne la produzione, l’impiego e il significato. Questo eccellente studio di D.F. McKenzie rappresenta in maniera emblematica le possibili riflessioni sugli usi sociali della scrittura, la quale non è mai neutra. Chi ne controlla la produzione, l’impiego, il significato detiene un efficace strumento di potere. “Bibliography and the sociology of texts” è un libro che rimette in discussione gli specialismi e cancella le frontiere canoniche. Le sue fonti intellettuali sono molteplici, filosofiche (Platone, Aristotele, Hobbes, Locke), linguistiche (Saussure, Peirce), semiotiche (Barthes, Metz, Todorov). Dimostrando audacia e originalità, esso formula il problema centrale posto oggi alla critica testuale come alle scienze sociali: quello della produzione del senso, che si costruisce nelle relazioni intrecciate tra forme e interpretazioni. «Dallo studio delle pratiche di scrittura e di lettura nel corso dei secoli, alla forma che potrà avere la ‘biblioteca ideale’ del futuro, un ammonimento a non dimenticare nell’era telematica la cultura del libro tramandataci da questo millennio.» (Il Sole-24 Ore)
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