Barbara Hulanicki con suo marito, Stephen Fitz-Simon, crea il proprio brand Biba’s postal Boutique vendendo le sue creazioni sartoriali tramite il servizio postale.
Il primo capo venduto è una gonna da sera, che vende pochi pezzi ma immediatamente. I pezzi proposti successivamente non vendono molto bene ed il progetto sembra già fallire, ma Barbara viene chiamata dal Daily Mirror che usa un suo abito rosa ispirato da Brigitte Bardot e le richieste iniziano a salire esponenzialmente, tanto da trasformare l’attività in un vero negozio.
Nel settembre del 1964 in Abingdon Road a Kensington si apre il primo negozio del brand Biba che vende un solo modello di abito in una taglia unica, già sold out dopo un’ora di vendita.
Il successo è fulmineo tanto da richiedere una struttura organizzativa maggiormente strutturata e manageriale e soprattutto punti vendita sempre più grandi che si succedono fino all’apertura di quello che è passato alla storia come il Big Biba, un grande magazzino di sette piani, inaugurato nel 1974 in Kensington High Street.
Si tratta di un negozio di sei piani, ognuno dei quali riconducibile ad un tema specifico, c’era abbigliamento femminile, maschile, per bambini, libri, musica, cibo, complementi d’arredo e cosmetici.
Ogni piano, ogni oggetto, tutto insomma quello che era esposto aveva il logo Art Deco nero ed oro di Biba originariamente disegnato da Antony Little, poi personalizzato a seconda degli usi da Kasia Charko.
Proprio la graphic designer Kasia Charko ha ricostruito nel suo blog alcuni aspetti della sua collaborazione con Biba fra cui i suoi lavori grafici sempre caratterizzati da una continua rivisitazione dello stile art decò in base alle diverse esigenze.
L’arredo era scelto dalla stessa Barbara mescolando Art Nouveau, Art Deco, Old Hollywood e kitsch. Un mix dai toni scuri, seducente e dal sapore decadente.
Biba fu il primo departement store a proporre un’idea a 360 gradi di lifestyle. Le vetrine non presentavano nessun oggetto poiché, secondo Barbara, le persone dovevano essere catturate dall’interno del negozio.
La Rainbow Room del quinto piano fu usata come ristorante e come sala concerti, il più famoso dei quali fu quello dei The New York Dolls del 1973.
David Bowie usò invece la sala per girare alcuni dei suoi videoclip e per alcuni incontri privati con amici.
Uno degli aspetti particolari di Biba era il suo saper giocare benissimo con tutti gli aspetti della comunicazione e ne è un esempio perfetto la pubblicazione del Biba Newspaper.
Il giornale Biba è progettato da Steve Thomas alla fine dell’estate del 1973 e lanciato il giorno dell’inaugurazione di Big Biba.
Il giornale è composto da sedici pagine con testo scritto da David Smith e foto di Rolph Gobbits e le illustrazioni sempre di Kasia Charko.
Stampato in circa 1.000 copie su carta marrone nella versione elegante e una da circa 300.000 su carta da giornale da distribuire free nello store il giorno dell’inaugurazione.
La foto di copertina mostra lo staff di Biba mentre sotto c’è un piccolo disegno della giovane commessa Mary Austin, allora la fidanzata di Freddy Mercury che stava proprio in quel periodo a collaborare con una nuova band, i Queen.
Nelle pagine trova spazio anche un fumetto dal titolo Sam and Alice .
Per darvi l’idea dello stile del luogo, ricordiamo il fantastico esotico giardino sul tetto dove si poteva sorseggiare tè o drink circondati da fenicotteri.
Biba ha creato sin dall’inizio un prototipo di ragazza nuova e dinamica: giovane, magra e con la pelle di porcellana ed era un must che tutte le commesse rispettassero questo canone, Anna Wintour lavorò qui.
Big Biba rappresenta una delle principali icone della Swinging London, un sogno nostalgico irripetibile, che dura solo tre anni ma che continua ancora oggi ad emanare una luce unica e contagiosa.
Da marchio economico per giovani ragazze diviene ben presto un costoso ed altolocato negozio a la pàge, perdendo il suo spirito libertino iniziale e dovendo contare su sempre maggiori azionisti per far fronte a costi di gestione eccezionalmente alti.
Alcune divergenze creative e soprattutto la crisi economica degli anni Settanta, portarono Barbara ad abbandonare il progetto, gli azionisti decisero allora di vendere il Big Biba oggi occupato da Marks and Spencer, Gap, H&M, uffici Sony Music ed altro. Il giardino sul tetto esiste ancora, ospita un bar ristorante. La Rainbow Room ora è una palestra.
Il marchio Biba è stato acquistato nel 2009 da The House of Fraser , dal 2014 si avvale della consulenza creativa di Barbara, che oggi vive a Miami come decoratrice d’interni. Nel 2011 è stato pubblicato da ACC Art Books il volume Welcome to Big Biba, il primo libro interamente dedicato a questo mondo dei sogni, con oltre 150 fotografie a colori – la maggior parte pubblicate qui per la prima volta – del negozio e dei prodotti e della grafica creati per i vari reparti.
Disegnato da Steven Thomas, designer di Big Biba e con testi di Alwyn W Turner, autore di The Biba Experience, questo libro evoca il fascino, l’umorismo e la fantasia del negozio, lo stile audace che emana possibilità infinite.