Non è un segreto che i loghi aziendali siano uno degli obiettivi principali del mondo della grafica e dell’arte. Obiettivi spesso connotati da un approccio fortemente politico e quindi critico del loro essere testimoni privilegiati della società capitalistica che si è diffusa proprio grazie all’appeal con cui i brand si propongono. Gli esempi di questo approccio iper critico al consumismo potrebbero essere infiniti, da quelli più politico-teorici di già presenti nei concetti di merce-feticcio di Karl Marx e di società dello spettacolo di Guy Debord, fino ai più recenti testi di figure di culto come Slavoj Žižek, Mark Fisher o Byung-chul Han.
Anche dal punto di vista più estetico la materia prima composta dai brand risulta essere assai usata dagli artisti, basti pensare al lavoro teorico sviluppato nei primi anni Duemila da Naomi Klein e dalla redazione del magazine canadese Adbusters in tema di culture jamming, pratica artistica che sovverte il linguaggio pubblicitario con parodie e détournement per liberare il consumatore dal ruolo di ricevente passivo e suggerirgli un consumo critico.




Con la sua installazione dal titolo Wheel of Everyday Life, l’artista svedese Gunilla Klingberg intendeva già nel 2013 fare di più che riutilizzare queste immagini, vuole transustanziarle nel materiale della spiritualità.
Utilizzando un processo esplorato già nei precedenti lavori, la Klingberg ha realizzato enormi mandala composti esclusivamente dai loghi di alcuni dei marchi globali più conosciuti come Walmart e Shell, Kmart e 7-Eleven, Whataburger e Star Pizza. Realizzati in vinile adesivo nero, i grandi cerchi concentrici della Klingberg si estendono sul pavimento e si arrampicano sulle pareti dell’edificio come un arazzo antico o una carta da parati moderna.
L’effetto immediato è davvero dirompente. Mentre l’ambiente così détournato appare quasi una location new age esoterica, l’idea della Klingberg è quella di costruire un collegamento tra la sfera pubblica e quella privata. I mandala sono diagrammi cosmologici che rappresentano simbolicamente l’universo e i suoi cicli di vita, dalla morte fino alla rinascita. Ugualmente il lavoro della Klingberg inizia in un punto centrale e si espande verso l’esterno come se potesse continuare all’infinito come del resto fa il mercato capitalistico dominato dal consumismo.
Ciò che mi piace sottolineare di questo lavoro è racchiuso in una domanda che si impone allo spettatore. È possibile trasformare le nostre abitudini mondane e materiali in qualcosa di spirituale?