Era da un po’ di tempo che non facevo un’intervista e la pausa involontaria si è interrotta in questo torrida estate 2023 quando mi sono imbattuto in un progetto editoriale che mi ha incuriosito fin dalle prime immagini, insomma volevo saperne di più e quindi eccoci qua…
Il progetto in questione si intitola Unfolding the Saree e, prima di parlarne direttamente con l’autrice, diciamo che può essere definito una fanzine dal forte taglio grafico che si caratterizza da un design di prodotto marcatamente estetico e squisitamente local.
L’ampio interesse per le culture do it yourself: la cultura e la politica dell’Asia meridionale, il movimento femminista, le sottoculture, l’editoria, i collettivi artistici con il loro tentativo di allargare i confini e l’amore per la musica indipendente sono alcune delle caratteristiche tipiche del lavoro e soprattutto dell’etica che stanno alla base del lavoro dello Studio Kohl di Mumbai. Lo stile illustrativo è caratterizzato da una sincera e sobria carica umoristica che trae spunto dagli oggetti di uso quotidiano arricchiti però da un uso sfacciato del colore sempre ricollegato alla tradizione indiana più classica. Tutto questo e molto altro è emerso nella chiacchierata a distanza effettuata lo scorso luglio con Mira F. Malhoftra. Ecco quindi le parole di Mira, artista visiva, illustratrice e graphic designer fondatrice dello Studio Kohl, giunte direttamente da Mumbai, India.


FRANCESCO CIAPONI /// Ciao Mira, intanto grazie mille per la tua disponibilità. Per prima cosa vorrei chiederti di parlare dello Studio Kohl, come nasce e cosa significa per te?

MIRA F. MALHOFTRA\\\ Lo Studio Kohl è il mio bambino ormai da dieci anni. Ho iniziato perché avevo notato in generale una evidente mancanza di studi di design in India e volevo fare qualcosa che oltre ad essere utile, fosse anche innovativo per il territorio in cui vivo. A distanza di anni spero di esserci riuscita.
Io e la mia collega Priyal Surana amiamo definirci sfacciatamente asiatiche e femministe e lavoriamo affinché i nostri progetti sappiano riflettere questo specifico modo di essere ancora poco conosciuto al di fuori dell’India. Ci piace lavorare con persone che vogliono qualcosa di veramente diverso e soprattutto che possa rimanere nel tempo. Abbiamo sempre avuto sede a Mumbai, ma siamo entrambe aperte e disponibili a trasferirci più o meno ovunque per progetti specifici.
Negli anni abbiamo collaborato con moltissime realtà sia di piccolissime che grandissime dimensioni come per esempio Apple, Whatsapp, Facebook, Snapchat, Adobe, Penguin, British Council, solo per citarne alcuni.



FC /// Mentre stavo facendo ricerca sul mondo delle fanzine nella cultura orientale, mi sono imbattuto e sono rimasto molto colpito dal tuo progetto intitolato Unfolding the Saree potresti parlarne un po’ ai nostri lettori?

SK \\\ Descriverei la zine Unfolding the Saree come una sorta di versione indiana di certe zine Riot Grrrl (femministe), solo molto meno arrabbiata e leggermente più provocatoria. La zine tenta di spiegare, attraverso un’estetica di tipo contemporaneo che rimanda molto ai tipici oggetti del bazar, le peculiarità del fenomeno del complesso psicologico studiato per primo da Sigmund Freud e che oggi viene chiamato Madonna–whore complex, edulcorando un po’ la traduzione l’italiano Complesso Madonna-amante, ma utilizzando per farlo il saree (o sari), il costume femminile tipico dell’India, costituito da una pezza di cotone o di seta, di vari colori, che si porta drappeggiata intorno alla persona.


The Unfolding the Saree Project




FC /// Quale pensi sia la definizione più corretta di fanzine?

SK \\\ Qualsiasi progetto pensato per comunicare qualcosa con un pubblico io lo definirei fanzine!

FC /// Com’è la situazione dell’editoria tradizionale cartacea in India?
Quali caratteristiche pensi che lo descrivano bene?

SK \\\ La maggior parte di ciò che è disponibile in India, direi, non è troppo spigoloso. È molto stereotipato. Anche se diciamo che un editore è giovane, ha ancora un modo molto vecchio di vedere le cose. Non c’è quasi nessun contenuto queer per esempio o qualsiasi tipo di contenuto che sia sfacciatamente, diciamo, arrabbiato o provocatorio. Non ci sono molti contesti e realtà che rappresentano il mondo ed i gusti dei giovani in India, nonostante la maggior parte del nostro paese sia composto da una popolazione estremamente giovane. Tutto sommato, penso che manchi la voglia di innovazione e, anche quando si prova a farlo, si è sempre estremamente cauti.

Love Bites Project


FC /// Qual è invece la situazione dell’editoria indipendente?
Ci sono artisti, autori, collettivi, studi come il tuo che lavorano per creare riviste indipendenti e/o fanzine autoprodotte?

SK \\\ Ce ne sono un bel pò. Dopo che molte zine sono uscite intorno al 2016-2017, hanno iniziato ad essere conosciute e a diventare di gran moda; c’erano anche alcuni zinefest come Gaysi Zinefest, che pubblicava anche la loro zine annuale, e alcuni altri incentrati sui fumetti.
Il mio collettivo Kadak aveva una sala di lettura piena zeppa di fanzine che spostavamo in luoghi diversi e grazie all’aiuto di alcuni amici, spedivamo anche all’estero dove abbiamo anche esportato le nostre fanzine a festival come il St Louis Zinefest e Elcaf (East London Comic Arts Festival).

FC /// Quali sono i limiti del panorama dell’editoria indipendente in India?

SK \\\ Penso che se chiedessi a qualsiasi creativo, probabilmente direbbero qualcosa come la mancanza di opzioni per esempio, in India la possibilità di stampare in Risography è praticamente inesistente. L’altro aspetto, direi, è quello di non avere abbastanza spazi dove distribuire e vendere le fanzine. Nonostante ci siano alcuni festival – e direi che ce ne sono ancora pochissimi – non ci sono abbastanza posti dove le persone possano andare a leggere zine e quindi creare un network adeguato.

FC /// Puoi dirci quali sono i tuoi 3 prodotti editoriali preferiti e perché ti piacciono così tanto?

SK \\\ Adoro i fumetti di Royal Existential che il mio collega e collaboratore Aarthi Parthasarathy ha pubblicato. È divertente e “prende a pugni” l’esistenzialismo e le questioni politiche usando immagini vintage di dipinti in miniatura mughal. Un altro potrebbe essere Hum Do Humare Do di Priya Dali, che è stato pubblicato con noi da Kadak per Gender Bender, in cui si affronta una questione seria e leggermente sconcertante come l’allattamento al seno e la sessualità e la trasforma in una versione divertente e dolce facendo parlare due seni l’un l’altro sul loro dilemma.


Royal Existential Project

Hum Do, Humare Do Project