“Dopo aver trasceso i sette superuniversi evolutivi di tempo e spazio che circondano la creazione senza inizio e senza fine della perfezione divina, Murphy arriva al cuore dell’universo eterno e centrale degli universi sull’isola stazionaria del paradiso, il centro geografico dell’infinito e la dimora dell’eterno Dio vivente! È qui che si apre la nostra storia…” 

—Murphy, rivista Surfer , maggio 1969

Il presente articolo è una traduzione dell’originale “A Beautiful Pandemonium” comparso su surfersjournal.com. QUA per leggere la versione originale.



Indian Summer, 1963. Alba. Gracchio di corvo, odore di cipolle. L’autostrada 101, una strada asfaltata a due corsie senza vie di fuga laterali, si snoda attraverso la valle di Salinas, spazzata dal vento. A est, il sole mattutino getta qualche raggio rosso svogliato sulle nebbiose distese di broccoli e lattuga iceberg. Vicino ai capannoni di imballaggio, i braceros (lavoratori messicani ndt) assonnati battono i piedi intirizziti come cavalli e sorseggiano cautamente il fumante caffè da cowboy da tazze di metallo blu. Il silenzio bucolico è punteggiato dal rumore occasionale emesso da una poiana dalla coda rossa che nidifica sui frangivento contorti di eucalipto che dominano l’autostrada a nord di King City, popolazione 894 abitanti.
Da lontano, un brontolio profondo di una Plymouth coupé del 1950 che sfreccia sull’autostrada. Il suono aumenta, un crescendo fragoroso, uno stridio improvviso, il brusco schiocco di una serratura che si apre e grossi cerchi goodyear bianchi che scivolano via, lasciandosi dietro una scia di polvere e cianfrusaglie economiche e sgargianti da fiera paesana. Nella foschia fluttua un quadro surreale di cianfrusaglie d’epoca da 10 centesimi: kazoo, bambole Kewpie, occhiali Groucho, grilli di latta, ragazze hula-hop, salvadanai, trappole cinesi per le dita, cuscini whoopee, puzzle in bachelite e piccole scimmiette fumatrici sorridenti che non vedono il male.
Una piccola scatola di legno per schizzi da artista gira tra i giocattoli, ruotando da un capo all’altro, al rallentatore. Colpisce l’asfalto e va in pezzi. Pennelli, colori e matite di carboncino cadono a cascata in un delizioso caos attraverso l’autostrada. Una singola penna da disegno Rapidograph argentata a doppio zero si libra nello spazio, girando come un’elica.
Rick Griffin, un bel surfista biondo diciannovenne di Palos Verdes, vola nell’aria. Indossa un abbigliamento da surf dei primi anni ’60: Levi’s, scarpe da tennis basse Jack Purcell bianche e una Pendleton grigia a quadri sopra una maglietta JC Penny macchiata dalla strada. È sospeso, intrappolato in questo momento e forse per sempre. Giovane, senza barba, occhi azzurri accattivanti sgranati per l’orrore.

Click… una festa in casa a Torrance. Un sacco di bambini, surfisti, greaser, ragazze, un barile di birra. Il brano dei The Belairs “Mr. Moto” pulsa dal Symphonic 45 portatile. Ride, balla. Un lampo di cosce bruciate dal sole, lo strillo acuto e deliziato di una ragazza. La sua ragazza, una bellezza messicana dalla pelle color miele, dall’altra parte della stanza, imbronciata, che lancia occhiate minacciose.

Click… sua madre, Jackie, severa e tedesca, gli urla mentre esce di corsa dalla porta. “Se resti fuori tutta la notte, non disturbarti a tornare a casa!”

Click… la festa è finita. Il suo amico Tom e lui finiscono il barile di birra, si siedono alla luce ocra al tavolo della cucina. Un numero recente di Surfer magazine si è aperto mostrando una pagina con calde onde blu. L’Australia, una nuova terra. Un dito traccia una linea di longitudine su un globo preso in prestito. Un piano: fare l’autostop fino a San Francisco, prendere un mercantile, un passaggio di lavoro, perché no? Una pazza sfida verso la libertà.

Click…sera, Malibu, Pacific Coast Highway. Nebbia marina umida, nessun viaggio dal tramonto, sfinimento, postumi della sbornia. Tom dorme tra i cespugli. Rick strizza gli occhi a un set di fari, un rombo, uno scricchiolio di ghiaia, una griglia dentata che riposa. Roy Orbison si lamenta attraverso il cruscotto. Una voce intrisa di whisky chiama: “Saltate ragazzi!”


Rick surfa all’Haggerty’s, 1960. Al liceo Rick e il suo amico Randy Nauert raccolsero qualche spicciolo disegnando i primi personaggi “alla Murphy” sulle magliette dei giovani di Torrance Beach. Prezzo corrente: cinquanta centesimi. “Era come oggi, ti facevi un tatuaggio, solo che era la tua maglietta e tornavi a casa con questa fantastica opera d’arte originale, e per un dollaro potevi comprarti una pizza intera all’Hollywood Riviera”, dice Randy. Fotografia di LeRoy Grannis.

Click… un ometto nervoso, molto sciupato, fumatore accanito, denti macchiati, un giostraio. Gestisce il lancio dell’anello e il tiro a segno. Scatole di premi ammucchiate sul sedile e sul pianale. Chiacchiere senza sosta sulle anfetamine, chiacchiere da giostraio. “Heezoly sheezit!” Ama il bourbon del Kentucky, ama i puzzle, ama il dolce blues del delta, capisci. Guida tutta la notte per fare uno spettacolo pomeridiano a Petaluma.

Click… Rick è seduto sul sedile del passeggero, finalmente al caldo, cullato nel sonno. L’alba, i campi coltivati, sente il giostraio, che continua a sgranocchiare: “Sissignore, questa versione Special Dee-lux è una delle migliori macchine mai costruite… una Chrysler L-Head a sei cilindri in linea con sospensioni da urlo. Perché potrei togliere le mani dal volante e questa bimba sterzerebbe dritta come una freccia…”

Clic… un nauseante sussulto a sinistra, una correzione eccessiva a destra, il giostraio impreca. “Jesus!” L’auto inizia una lunga sbandata ad arco, irresistibili tentacoli di forza centrifuga che lo tirano…

Clic… Rick fluttua sull’autostrada, il vento fa ondeggiare la sua Pendleton, una macchia di linee bianche che delimitano il territorio, una mosca nera che ronza, che preme, un eucalipto dalla corteccia fibrosa, odore di cipolle…

Fiamme brucianti sulla guancia, carne che lacera, e poi oscurità.

Nell’oscurità, scivolando, accelerando lungo il bordo di un vortice. Sente le sue dita trascinarsi lungo un muro bagnato che gira. Un lamento spettrale, un’espirazione cava. Conosce questo posto. Una debole luce davanti a sé, si fa più forte, un sibilo ruggente…

Rick si sveglia avvolto in una nuvola rosa di morfina. La voce di una giovane donna, chiara e monotona, legge il 23° Salmo. Il suo occhio sinistro è chiuso con del nastro adesivo. Apre il destro e vede solo un velo rosso trasparente. Suoni di un ospedale. Muzak, un forte tintinnio di acciaio sterilizzato e lucidato che cade in una padella di metallo. La voce di un uomo, stanca, lamentosa: “Dai Bill, andiamo a pranzo. Quel ragazzo è spacciato”. Rick, in preda al panico, inorridito alla prospettiva di essere sepolto vivo, cerca di urlare ma scopre che la sua mascella è chiusa con del filo metallico.…

Questa è una versione. Nel corso degli anni, l’incidente di Rick è diventato una specie di catena di Sant’Antonio cinese. Alcune versioni lo vedono fare l’autostop da solo, altre con un amico del liceo di nome Tom. Altre lo vedono guidare l’auto e prendere un misterioso autostoppista che lascia guidare. Altre ancora lo vedono far rotolare l’auto, questa volta una Ford station wagon del 1954. Un’altra variante lo vede sfondare il parabrezza e l’auto gli passa sopra. Un’altra lo vede nella Corvair di un amico che colpisce un pilastro di un ponte a Rosarito. Un’altra ancora vede il suo amico, che frigge sotto l’effetto dell’acido e guida un’auto sportiva di notte, sterzare bruscamente per evitare un bambino fantasma fermo sulla strada.
Non c’è da sorprendersi. Griffin ha coltivato attivamente personaggi conflittuali – spesso in guerra fra loro – per tutta la sua vita, non diversamente dal suo alter ego dei cartoni animati, Murphy. Ognuno dei suoi familiari e amici ha una propria versione di Rick che protegge gelosamente dai resoconti degli altri.


Danni al viso causati dall’incidente, circa 1964. Fotografia per gentile concessione di Ida Griffin.

“Griffin non è mai stato moderato”, dice Steve Pezman, che conosceva Griffin dalla metà degli anni ’60. “Continuava a cercare le sue risposte e poi sceglieva una personalità. Quando entrò in Surfer magazine, io ne ero l’editore e non sapevo mai quale Rick Griffin stesse arrivando in redazione. Arrivava su una Harley e tutte le segretarie dell’edificio guardavano fuori dalle finestre chiedendosi: ‘Dio, chi è questo tizio?’ Era semplicemente uno spettacolo da vedere”.
Le varie descrizioni includono, ma non si limitano a: pachuco di Lakewood che sniffa benzina, bel ragazzo ingenuo, carismatico hippie di Haight-Ashbury, papà cristiano imbranato, studente d’arte beatnik, pioniere del fumetto underground, donnaiolo inconsapevole, punk rocker di mezza età, leggenda dell’arte dei poster psichedelici, primadonna irascibile, bravo ragazzo sfortunato, aspirante rockstar che cavalca un maiale e fuma crack… Ma soprattutto, a quanto pare, Rick Griffin era un surfista. E un artista.
Tuttavia, gran parte della storia sul suo incidente può essere ricavata da un breve bollettino pubblicato nella rubrica di gossip “Surf Spots” del numero di dicembre-gennaio 1963 di Surfer: “Lunedì 7 ottobre, il fumettista di Surfer Rick Griffin è rimasto gravemente ferito in un incidente automobilistico mentre viaggiava attraverso King City. La situazione di Rick è stata estremamente critica per diversi giorni, con la sua vita in bilico. Mentre andiamo in stampa, sembra che sopravviverà”.
Non ci sono altri dettagli. Ma la nota, quasi certamente scritta dall’allora editore di Surfer, John Severson, si conclude con un sentito augurio di pronta guarigione e una sfida subliminale per Griffin: “Ci vorrà molto coraggio perché Rick si riprenda completamente”, scrive il ventinovenne Severson al suo giovane amico. “Il coraggio che ci vorrà per superare tutto questo supererà di gran lunga quello necessario per prendere il largo su qualsiasi onda”.
Una rapida scansione delle pagine dei contenuti di Surfer dal 1961 al 1963 non mostra alcuna interruzione nelle strisce di Murphy nell’arco di 14 numeri. Prima dell’incidente, Griffin aveva apparentemente accumulato diverse strisce di Murphy. La vignetta di due pagine, intitolata Murphy’s Adventure in Down Underland, mostra Murphy che legge la sezione “Down Under” di Surfer , salta su una nave mercantile e lavora come fuochista ad un camino di bordo. Una lettera di pronta guarigione a Griffin, scritta da Severson e datata 13 novembre 1963, conferma che sta trattenendo la striscia per la pubblicazione.
Ventotto anni dopo, Griffin avrebbe contribuito con un’illustrazione a The City di San Francisco raffigurante un artista, presumibilmente un Murphy adulto, in ginocchio in procinto di varcare le porte del paradiso. Due settimane dopo la pubblicazione dell’articolo, Griffin sarebbe morto in un incidente motociclistico mentre sfrecciava con la sua Harley Heritage Softail su una stretta strada di campagna fuori Petaluma, California. Aveva 47 anni.

“Ho notato che Rick Griffin indossava una benda su un occhio e aveva la barba nella foto a pagina tre del numero di aprile-maggio. Si è trasformato in un bohémien o in un beatnik?”

Un fan di Murphy, Laguna Beach, California

Già nel 1963, Griffin, all’età di 19 anni, era una star del mondo del surf. Le sue strisce a fumetti di Murphy, che debuttarono nel secondo numero di Surfer all’inizio del 1961, si erano rivelate estremamente popolari tra i 50.000 avidi abbonati della rivista. Come adolescente protetto di John Severson, la carriera di Griffin fu ripida e apparentemente senza interruzioni. Ne seguì un certo grado di notorietà.
Le vignette di Griffin definirono più o meno il primo aspetto di Surfer e, in larga misura, la sua estetica. Mentre i personaggi di John Severson erano figure bizzarre e mute, quella di Murphy parlava direttamente al pubblico giovane dell’epoca, per lo più maschile, con un tono cortese ma provocatoriamente sfacciato. Murphy raggiunse il suo apogeo come eroe culturale del surf molto presto, quando si aggiudicò la copertina del numero di agosto/settembre 1962.


Griffin, rinato come artista bebop, critica il suo alter ego surfista nel numero di Surfer di luglio 1964 .

Con una massa di capelli spettinati e decolorati, un sorriso perennemente storto e piedi prensili taglia 48 (sempre nudi), Murphy divenne una star da un giorno all’altro. Le prime strisce, disegnate quando Griffin era ancora al secondo anno alla Palos Verdes High, erano rozze ma rese con molta forza espressiva. Avevano un fascino sgangherato e una lucertola come mascotte. Il linguaggio era esuberante e onomatopeico: “neat-o”, “really nifty” e “huzzawhewy!”, a volte sentimentale… Ma per molti aspetti, Murphy era il Griffin adolescente cresciuto in una classe media borghese e che, mentre frequentava il liceo, aveva l’aspetto di un surfista piuttosto asciutto e fresco di bucato.
“Penso che il primo Griffin abbia incarnato l’ingenuo entusiasmo degli anni ’60, il senso della scoperta nella prima esplosione dell’hula-hoop dello sport”, afferma Pezman, che ha capitanato Surfer come redattore e editore dal 1971 al 1991.
Rick fu scelto come fumettista dello staff di Surfer alla fine del 1960, dopo che Severson incontrò Griffin durante la proiezione del suo film Surf Fever alla Torrance High. John Severson, che all’epoca era ancora principalmente un regista, aveva notato i poster di Rick nel negozio del surfista Greg Noll ed era rimasto opportunamente colpito dalla precoce padronanza tecnica della linea e del ritmo nelle storie del sedicenne.
Nei due anni successivi, Griffin produsse una marea di illustrazioni per la neonata rivista di surf. Severson, un insegnante d’arte diventato editore che era 10 anni più grande di Rick, ricoprì il ruolo di datore di lavoro, amico, mentore, agente ed ex eroe. Rick, il cui bell’aspetto da classico surfista incarnava perfettamente l’ideale californiano, diventò una specie di mascotte non ufficiale di Surfer . I lettori scrissero in ogni numero per congratularsi con Griffin o discutere i dettagli più raffinati della performance di Murphy. Severson creò gadget di ogni tipo: decalcomanie, magliette e chissà cos’altro di Murphy.
Dopo essersi diplomato alla Palos Verdes High nel giugno del 1962, Griffin si dedicò a tempo pieno al surf, al disegno per Surfer e alle feste. All’inizio degli anni ’60, la South Bay di Los Angeles era improvvisamente diventata il centro dell’universo cool, mentre la prima ondata di figli del boom post-seconda Guerra Mondiale raggiungeva l’adolescenza. Gli adolescenti, ricchi di denaro contante, guidavano un enorme mercato giovanile di vestiti, auto e musica. L’interesse mainstream per il surf, come sport e come moda, salì alle stelle. Rick si ritrovò improvvisamente nell’occhio di un uragano culturale mai visto prima.


Copertina di Murphy Surfer, agosto 1962 (sinistra) . Forse l’icona del surf più nota e amata di Griffin, Murphy ha decorato migliaia di quaderni del liceo, finestrini posteriori da surf-bomba e l’occasionale abbattimento di alberi da parte dell’elicottero Huey durante il fuoco nemico in arrivo in Vietnam.


La musica surf, un rock strumentale ballabile e dalle chitarre esageratamente riverberato che evocava la corsa impetuosa e l’esotismo del surf, era apparentemente spuntata da un giorno all’altro. Dick Dale, che suonava una versione “wet” assordante del tradizionale standard greco Miserlou, stava attirando folle di 4.000 o più persone al Rendezvous Ballroom sulla penisola di Balboa. Una band garage di Redondo Beach, The Belairs, aveva ottenuto un successo locale travolgente con Mr. Moto l’estate precedente ed era diventata il primo gruppo musicale a presentarsi esclusivamente come una “surf band”.
Paul Johnson, uno dei membri fondatori dei The Belairs, ricorda che nessuno se l’aspettava: “Ciò che lo rendeva eccitante era che era più grande di tutti noi”, dice Johnson, che divenne amico di lunga data di Griffin e riferimento spirituale della successiva conversione cristiana. “È stata una di quelle cose fortuite in cui ti ritrovi coinvolto e ti pensi semplicemente a provare tutto ciò che ti capita. Abbiamo affittato l’Hermosa Biltmore e abbiamo dovuto mandare via le persone dopo che ci abbiamo messo 1.500 bambini, tutti che sbattevano i loro sandali huaraches sul pavimento. Il rumore era assordante. Quell’estate è stata un’esplosione!”.
Randy Nauert, compagno di surf al liceo e migliore amico di Rick, era un chitarrista che aveva suonato il basso con The Belairs e in seguito si era unito alla surf band The Challengers nel 1962. Invitò Rick a diversi dei loro concerti locali. Rick, che amava la musica ma non aveva talento, era irresistibilmente attratto dalla crescente scena musicale surf. Invidiava a Randy il successo, l’adulazione delle folle e, soprattutto, le ragazze.
“Rick è sempre stato una rock star frustrata”, dice Nauert, che ha fatto surfare Rick in terza media e che ha presentato Griffin a John Severson. “Lavorava tutta la notte in una piccola stanza ascoltando musica senza volere nessuno intorno. Poi tirava fuori la sua roba e nessuno lo riconosceva. Mentre noi musicisti, suonavamo questa musica tutti insieme con tutti gli ormoni di una generazione che infuriavano tra il pubblico”.
Sebbene i fumetti di Murphy fossero ancora richiesti, alla fine del 1963 Rick si stava avvicinando al burnout. Avendo poca esperienza di vita a cui attingere, Griffin aveva rapidamente esaurito le trame e aveva dovuto essere aiutato da Severson. Vivendo ancora a casa e non riuscendo a entrare in un college quadriennale a causa dei suoi pessimi voti, Griffin trascorse un semestre inutile all’Harbor Community College di San Pedro prendendo pessimi voti. Aveva iniziato a frequentare una bellissima ragazza ispano-americana di nome Elia ma, a parte la sua striscia bimestrale di Murphy, sembrava non avere alcun interesse a far progredire la sua carriera o sé stesso.
Anche le condizioni a casa avevano raggiunto un punto di rottura. I genitori di Rick, Jackie e Jim Griffin, erano autoritari e ossessivamente legati allo status quo. E mentre approvavano il prestigio di Rick come illustratore di riviste, disapprovavano pesantemente le feste notturne di Rick e la sua generale mancanza di una direzione. Le regole della casa erano rigorose e i rapporti, specialmente tra Rick e Jackie, erano diventati sempre più rancorosi.
Griffin, che una volta era scappato e si era nascosto in una grotta sopra Paddleboard Cove dopo che i suoi genitori lo avevano punito per i brutti voti, decise di andarsene in silenzio. L’Australia sembrava un probabile rifugio. Il suo piano, che poteva o meno includere un compagno di liceo di nome Tom, era di prenotare un passaggio “di lavoro” su un mercantile diretto a sud in partenza da San Francisco. Prendendo solo la sua scatola da disegno, Griffin tirò fuori il pollice e si diresse a nord lungo la PCH.
I dettagli dell’incidente vero e proprio sono vaghi, ma, da qualche parte fuori dalla sonnolenta cittadina agricola di King City, Rick è stato presumibilmente scaraventato violentemente fuori da un veicolo in corsa sull’autostrada. Ha sbattuto sul lato sinistro del viso, mutilando i suoi bei lineamenti anglosassoni. In seguito ha ricordato di essersi toccato il bulbo oculare che gli pendeva dal viso prima di cadere in coma. L’autista, se ce n’era uno, apparentemente è fuggito dalla scena.


Rick fu inviato con la fotografa Bev Morgan a fotografare gli US Surfing Champs a Huntington Pier nel settembre del ’64. Quell’anno Jim Craig, uno sconosciuto diciottenne di Hermosa Beach, vinse il campionato maschile open superando veterani della competizione come Dewey Weber, Mickey Muñoz e Mike Doyle. Fotografia di Bev Morgan.

Rick fu portato d’urgenza al Mee Memorial Hospital di King City, dove i dottori, dando per scontato che Rick sarebbe morto, gli fecero un rapido lavoro di rattoppo. Rick raccontò in seguito a Gordon McClelland, suo compagno di surf e un tempo agente d’arte, di aver avuto delle visioni surreali di Cristo mentre era in coma.
Mentre il giovane corpo temprato dal surf di Rick aveva subito per lo più lividi e graffi superficiali, il lato sinistro del suo viso era stato profondamente sfigurato. Una mascella schiacciata richiedeva una ricostruzione e i dottori avevano rimosso chiazze di pelle da sotto il suo braccio per sostituire parti del suo viso cancellate dall’asfalto. I danni ai nervi avevano lasciato tre quarti del suo viso senza sensibilità, rendendogli leggermente confusa la parola.
“Non sembrava affatto Rick”, ricorda Randy, che ha guidato tutta la notte per andare a trovare Rick in ospedale. “La sua pelle facciale era verde e senza vita. Ho dovuto fissarlo a lungo e anche allora, non sembrava lui. Era lui, ma, oh, che danno era stato fatto. Ero così triste”.
Rick, che era fuggito dai rigidi confini di Palos Verdes per inseguire il sogno estremo del surfista, uscì dall’ospedale mutilato e ridotto a vivere di nuovo in uno stato di bisogno quasi infantile con i suoi genitori. Griffin cadde profondamente in depressione e perse molto peso.
Nonostante due anni di paziente ricostruzione, tuttavia, abbandonò prematuramente i trattamenti. I chirurghi plastici non gli permettevano di fare surf per paura di rovinare il loro lavoro e Griffin si era stancato dei lenti e dolorosi trattamenti e delle continue insistenze della madre per ripristinare la sua facciata giovanile e innocente.
La cicatrice risultante conferiva al suo volto un aspetto sbilanciato. Una palpebra inferiore mancante lasciava il suo occhio perennemente aperto, anche quando dormiva. Randy racconta di bambini che indietreggiavano inorriditi nel vederlo senza la benda sull’occhio.
Negli anni successivi, Griffin avrebbe imparato a usare questo sguardo bruciante alla Rasputin con grande efficacia. Le persone che incontravano Rick per la prima volta parlavano della sua intensità silenziosa e del suo aspetto carismatico. Il più delle volte, tuttavia, gli amici dicono che era solo timido.
“Dopo un po’, cominciò a rendersi conto dell’effetto che aveva sulle persone e lo giocò a suo vantaggio”, dice Pezman. “Ti affrontava con questo volto, ti guardava contorcerti. Non era come se fosse orribilmente brutto. Era quasi come una cicatrice da sciabola prussiana. Gli dava un’aura e suppongo che lo spingesse a starsene in disparte”.

“Il giorno in cui incontrai la Pump House Gang, un gruppo di loro era appena stato buttato fuori dal ‘garage di Tom Coman’, come era molto conosciuto in città. L’estate successiva, si trasferirono dalla vita in garage in degli appartamenti vicino alla spiaggia, un complesso che chiamarono ‘La Colonia Tijuana’. Ma questa volta alcuni stavano passando dalla vita da surfisti all’avanguardia di qualcos’altro: il mondo psichedelico della California. Questa è un’altra storia.”

Tom Wolfe, The Pump House Gang, 1968

Il frontespizio di Surfertoons disegnato da Rick del 1964 raffigura un cast di almeno 50 icone pop storiche che includono Superman, Frankenstein, i Beatles, Nerone, Hitler, Sherlock Holmes, Davy Crockett, atleti universitari, un mandriano medievale, Dracula, Robin Hood e persino dei desperados del vecchio West. Griffin si è inserito nel mix sfoggiando una barba alla Van Dyke e una benda sull’occhio mentre brandiva una penna da artista gigante con la punta d’acciaio come una lancia da giostra. La cosa interessante è che questo assemblaggio eclettico precede di due anni la copertina di Sergeant Pepper dei Beatles, che ha fatto essenzialmente la stessa cosa ma in un collage fotografico.
Griffin dedica il suo libro di 46 pagine a Jack Davis, Harvey Kurtzman e Will Elder della rivista Mad magazine da lui definiti come “I tre più grandi satirici del nostro tempo!”.
L’arte di Griffin si era evoluta notevolmente nei sei mesi successivi all’incidente. Incapace di fare surf e confinato a casa dei genitori, Griffin riversò le sue energie nel riprendere il controllo della sua vita. Il suo stile, che a volte poteva essere considerato un po’ “sempliciotto”, divenne denso e molto più autorevole. Anche Murphy si era evoluto divenendo quasi del tutto un nuovo personaggio. Verso la fine del 1964, Griffin aveva adottato in quel periodo, uno stile che richiamava quello del selvaggio West, apparentemente semplice ma invece assai elaborato, che sfidava lo spettatore a cogliere tutti i personaggi ed i simboli subliminali e le battute che nascondeva nei suoi lavori.


Nozze di Rick e Ida, San Clemente, 1971. Fotografia per gentile concessione di Ida Griffin.

“Puoi vedere l’intera sua arte iniziare a cambiare”, dice il suo compagno di scuola d’arte Boyd Elder, lui stesso un illustratore che ha continuato a creare copertine di album per gli Eagles e altre band rock degli anni ’70. “In quel periodo, dal 1963 al 1964, era un po’ rozzo. All’improvviso, quasi dal nulla, inizia a perfezionare i suoi personaggi. Sviluppare questo stile straordinario”.
John Severson aveva incoraggiato Rick a perfezionare la sua arte frequentando la scuola d’arte. Rick, dopo aver soppesato le opzioni, la trovò preferibile al lavoro giornaliero presso la vicina TRW o Northrop. Nonostante i suoi pessimi voti, la sua borsa di studio d’arte gli aprì le porte del vicino Chouinard Art Institute nel centro di Los Angeles. La sua scelta della scuola si basava principalmente sul rilassato dress code di Chouinard che consentiva barba e sandali. All’epoca, Chouinard (in seguito Cal Arts) era il fulcro di una fiorente enclave artistica che era cresciuta accanto alle industrie dell’intrattenimento e dell’abbigliamento di Los Angeles. Due scuole del centro, l’Otis Art Institute e il Chouinard Art Institute, facevano ancora parte di un piccolo villaggio di artisti e artigiani che vivevano in uno squallido ambiente bohémien all’interno di in un signorile quartiere vittoriano che era attraversato dalla Ventura Freeway negli anni ’40. Delle due, Chouinard, fondata nel 1921, era considerata quella più all’avanguardia.
A scuola, Rick incontrò Ida Pfeferle, una bellissima ragazza diciannovenne della Bay Area che studiava storia della moda. Il suo sogno era quello di disegnare costumi per grandi musical di Hollywood come My Fair Lady. Inizialmente fu attratta dalla personalità abbronzata e dolce di Rick e dal cappello da capitano che indossava. “Mio padre era in Marina e io ho sempre vissuto vicino all’oceano, quindi ho pensato, ‘Beh, a questo ragazzo piacciono le barche, quindi deve essere figo.'”
Nata a Londra da padre americano e madre britannica, Ida era molto più mondana di Rick, la cui educazione signorile borghese Ida descrive come “davvero retta, qualcosa di simile a Leave it to Beaver“. Prima di compiere 10 anni, aveva viaggiato in Europa e aveva vissuto in Marocco per tre anni. Con un aspetto tipicamente hippie e lunghi capelli biondi, Ida incarnava l’archetipo idealizzato di Rick di una ragazza surfista, anche se Ida non aveva mai fatto surf.
Sebbene nessuno dei due fosse realmente ciò che l’altro immaginava, i due erano perfetti insieme. “A quel tempo avevamo tutto in comune”, ricorda Ida. “Io collezionavo fumetti. Lui collezionava fumetti. A entrambi piaceva andare nei negozi di dischi e guardare le copertine degli album. Entrambi amavamo l’oceano. Lui non prendeva mai nulla troppo sul serio: un tipo grosso, gentile e furbo”.
Nel corso della loro tumultuosa relazione durata 27 anni, conclusasi all’improvviso nel 1991, Ida divenne a turno la sua ragazza, moglie, musa, guida acida, custode, modella e madre di quattro dei suoi figli. Rick l’avrebbe poi immortalata come una sensuale Madonna Beat che strimpella la chitarra nelle avventure di Griffin-Stoner. “Erano anime gemelle, anche se papà non lo sapeva”, dice la figlia Flaven.
Il collega artista di Rick e insegnante di Chouinard, Rick Timberlake, aveva affittato parte di una fabbrica di tortilla in disuso su Temple Street e una piccola ma vivace scena bohémien si era presto aggregata attorno a una serie di spaziose vecchie case vittoriane e magazzini trasformati in loft per artisti. Dionisiaci Riti del vino e mostre d’arte che duravano un fine settimana divennero presto la norma. Rick e i suoi compagni di scuola d’arte si crogiolarono nella loro nuova situazione. Rick, che aveva iniziato a fumare erba a 12 anni, stava adesso sperimentando con LSD e altri psichedelici che giravano lungo la Highway 101 grazie alla controcultura che stava fermentando l’intera San Francisco.


Griffin ai Campionati USA del 1964 con Duke Boyd e Ron Stoner. Fotografia di Bev Morgan.

All’inizio del secondo trimestre, Rick e Ida si trasferirono nella fabbrica di tortilla. Ida ricorda un quartiere affascinante ed eclettico che le ricordava un Greenwich Village anche se in scala ridotta. Uno dei suoi abitanti, dice, ispirò un’icona del culto del surf. “Sopra, dove abitavamo noi, c’era questo piccolo bambino messicano”, ricorda Ida. “Aveva cinque anni e adorava Rick. Veniva su e passava ore a guardare Rick disegnare. Così Rick iniziò a inserirlo nelle avventure di Griffin-Stoner. Ecco perché vedi il piccolo ‘Chine Boy’ spuntare in ogni cartone animato da allora in poi”.
Nell’estate del 1965, la scena dei club di Sunset Strip era in piena ebollizione. Ai tempi del rock acido, era possibile vedere molti artisti ormai leggendari, come i Byrds, i Buffalo Springfield, Joni Mitchell, i Doors, per un minimo di due drink in piccoli club come il Gazzari’s o il Whisky a Go-Go. L’invasione britannica era arrivata l’anno prima e i gruppi inglesi più in voga, i Beatles, i Rolling Stones, gli Who e altri, si riversavano settimanalmente nelle case discografiche di Los Angeles. Chouinard era a pochi minuti da Hollywood e la facile interazione tra musica rock e arti grafiche avrebbe portato all’esplosione delle copertine degli album di fine anni ’60 e in seguito alla rivoluzione di MTV. Griffin ha unito senza sforzo tre potenti culture, il rock, l’arte e il surf.
“Le fidanzate uscivano con le rock star e poi le portavano alle inaugurazioni delle gallerie per ostentarle”, ricorda John Van Hamersveld, un tempo direttore artistico dei Surfer che progettò il manifesto iconico e fluorescente dal titolo Endless Summer nel 1964 mentre era studente all’Otis Art Institute. “Quindi, le rock star ci portavano alle loro feste. La cosa che sia Rick che io avevamo a nostro favore era che eravamo surfisti beatnik. Venivamo da un mondo mistico, l’oceano, e avevamo storie su queste cose che erano piuttosto incredibili”.
A metà del 1965, dopo essersi lasciato alle spalle la sua personalità da surfista adolescente, Griffin decise di uccidere Murphy in modo spettacolare e melodrammatico. In un episodio in due parti intitolato Murphy Hits the Skids, un Murphy trasandato e logorato dalle preoccupazioni perde il lavoro e si ritrova a vendere matite a Skid Row. Viene picchiato da dei teppisti e (in modo significativo) gli viene lasciato un occhio nero sinistro. Disperato, tenta il suicidio. Sebbene si redima nel numero successivo, Murphy viene messo fuori servizio a tempo indeterminato.
Nello stesso numero (maggio 1965), tuttavia, Griffin propone qualcosa di nuovo. In coppia con il nuovo fotografo dello staff di Surfer, Ron Stoner, ecco che arriva la coppia “Martin e Lewis”, con un serie di 12 numeri che si è protratta per due anni. L’avventura d’esordio si apre con un promemoria fittizio dell’allora editore Pat McNulty che chiede al duo di guidare fino a San Francisco e di fotografare il leggendario “mistero di Fort Point”, luogo iconico situato proprio sotto il Golden Gate Bridge a San Francisco. Stoner è interpretato come un’ingenuo e sprovveduto, mentre Griffin è il furfante monocolo che insegue le sottane, che truffa sempre McNulty per ottenere più soldi, che lui invariabilmente sperpera in vino e lezioni di Watusi.


Inaugurazione dell’avventura Griffin-Stoner (Surfer , maggio 1965). Griffin fece il suo primo viaggio a San Francisco all’inizio del 1965, dove lui e il compagno di scuola d’arte Boyd Elder visitarono la casa di Joan Baez a Carmel. Nei tempi precedenti ai paparazzi, la cantante folk invitò i suoi giovani fan e preparò loro il pranzo.

In un arco narrativo tortuoso, raccontato attraverso una raffica di telegrammi urgenti, cartoline e chiacchiere di diario, il caotico duo si mette nei guai lungo tutta la costa. Lungo la strada, noleggiano una gru per fare surf a Big Sur e devono essere salvati dagli squali affamati in cima a Pinnacle Rock a Steamer Lane e finiscono per guidare una marcia di protesta a North Beach. Alla fine ottengono lo scatto (acquistandolo da un altro fotografo), ma solo dopo essersi lasciati dietro una scia di spese folli e del fumo che esce dalle orecchie di McNulty dalla rabbia. A giudicare dalla colonna delle lettere arrivate in redazione e pubblicate nel numero seguente, i lettori di Surfer si erano sincronizzati rapidamente con la nuova coppia di protagonisti. Skip Engblom di Dogtown ricorda di aver divorato le avventure di Griffin-Stoner da giovane surfista cresciuto a Venice, California: “Ricordo di aver detto, Cavolo, vorrei tanto andare con Griffin e Stoner in uno di questi viaggi!” C’era questo vero senso di divertimento. Ma, allo stesso tempo, Griffin ti dava informazioni sottobanco che non avresti mai letto sul giornale.” Le storie furono scritte a quattro mani da John Severson e dall’allora direttore Pat McNulty in uno stile da sitcom folle e spesso irrimediabilmente assurda. Ma nell’era delle stravaganti farse in costume come The Great Race e Those Magnificent Men in Their Flying Machines, portarono un pizzico di credibilità pop alla rivista. Tirarono anche fuori Griffin dalla sua prigione emotiva. La personalità da cartone animato di Griffin, hipster cool e sicuro di sé, iniziò a girovagare verso tutti i più esotici luoghi del surf che lo studente d’arte timido e rovinato non aveva potuto raggiungere.
“Se si segue la prima avventura di Griffin-Stoner fino a quelle più mature, si può vedere una crescita incredibile”, osserva Severson. “Si potrebbe dare a Rick un’idea semplice come Da Natchez a Mobile (con Griffin e Stoner) e ‘boom! Lui è tutto lì, con un disegno largo due piedi di un battello a pale del Mississippi con Griffin che cavalca un’onda sul retro. Sono cose meravigliose, meravigliose. A quel punto, aveva sincronizzato la sua immaginazione con la penna e poteva davvero partire”.
Nel frattempo, Chouinard, nonostante le attrazioni extracurriculari, si stava rivelando per lui una seccatura. In un’epoca in cui l’espressionismo astratto dominava in modo assoluto l’accademia d’arte, qualsiasi cosa lontanamente rappresentativa era considerata démodé . “Se avevi anche solo due linee che convergevano, suggerendo una prospettiva, era un no-no”, ricorda l’amico di Rick e compagno di Zap Comix , Robert Williams. “Ho passato un periodo infernale. È stata un’esperienza orribile perché avevi il talento, l’abilità e questa voglia, e tutto è stato completamente soffocato”.
Annoiato e artisticamente irritato, Rick saltava la lezione per andare a fare skateboard nel parcheggio di un supermercato lì vicino. La goccia che fece traboccare il vaso fu quando un pedante fumatore di sigari disse a Rick: “Sai, figliolo, non puoi fare arte con un Rapidograph“.
Griffin abbandonò gli studi dopo il primo anno e non tornò mai più. Tuttavia, la produzione di Griffin del 1965 fu sorprendente per la sua profondità e il suo volume. Nel giro di un anno produsse fumetti e disegni spot non solo per Surfer, ma lavorò anche per Skateboarder, Surf Toons, Drag Cartoons e Big Daddy Roth hotrod cartoons. Disegnò pubblicità e copertine di album per The Challengers. Infine, esponendo la sua vena più esibizionista, Griffin interpretò il pavoneggiante poser automobilistico di nome Griff Murphy nel foto romanzo The Big Blow.


L’avventura di Griffin-Stoner “Guess Who’s Minding the Store” (Surfer , settembre 1966).

Il bisogno nascosto di Griffin di un pubblico dal vivo si è presto tradotto nei Jook Savages, una sgangherata jug band e troupe di performance art composta principalmente dalla banda della scuola d’arte di Griffin. Rick suonava blues su una cetra a una corda, uno strumento tradizionale fatto in casa suonato con una bottiglia di birra e un bastone.
“La band era assemblata in modo poco professionale ma, nonostante ciò, aveva un vero fascino rustico”, ha ricordato Griffin. “A quel tempo la musica folk era in piena fioritura e la jug band era un mezzo di espressione perfetto. Eravamo una tribù autoproclamata”.
Un giorno, durante il periodo natalizio, Ida entrò nel loro loft e disse a Griffin, che stava strimpellando la chitarra, che era incinta di suo figlio. Rick, che non aveva alcun interesse a diventare padre o marito, continuò a strimpellare e disse senza mezzi termini a Ida di abortire. Ida era sconvolta ma prese subito una decisione. Senza dare un ultimatum a Rick, decise di tenere il bambino. Fece le valigie e se ne andò per andare a vivere vicino alla sua famiglia nella Bay Area, affittando una stanza con la sorella vicino a Haight-Ashbury. Rick, improvvisamente solo, rifletté per un attimo sul suo futuro, poi andò all’Acid Test.
All’inizio di febbraio del 1966, i Jooks erano stati invitati a suonare in uno dei celebri Acid Test di Ken Kesey e dei Merry Pranksters, riti di danza comunitaria estatica che simulavano l’esperienza dell’LSD mescolando luci caleidoscopiche e proiezioni cinematografiche, luci stroboscopiche allucinatorie, musica improvvisata e un muro sonoro di rock pulsante. E per coloro che volevano “viaggiare”, una dose del notoriamente potente Owsley Blue realizzato dal mitologico Owsley Stanley, era disponibile gratuitamente tramite una tazza di Kool-Aid appositamente drogato. L’LSD sarebbe stato legale per altri otto mesi.
I test si sono svolti al Compton Youth Opportunities Center, un magazzino cavernoso vicino a Watts. È stata una mossa audace, persino folle. Solo sei mesi prima Watts era scoppiata in violente rivolte razziali che avevano causato la morte di 34 persone. All’interno, i Merry Pranksters e i Grateful Dead si sono sistemati e hanno urlato tutta la notte come banshee fluorescenti. Rick e il suo amico Boyd hanno bevuto due tazze ciascuno e hanno urlato insieme a loro.
Jerry Garcia, riflettendo sulla veglia funebre di Rick nell’agosto del 1991, ha ricordato il primo incontro con il ventunenne Rick all’Acid Test. “Non mi ero mai reso conto che fosse lo stesso Rick che aveva fatto Murphy”, ha ricordato Garcia, lui stesso un vorace collezionista di fumetti fin dall’adolescenza. “Avevo visto le sue cose Zap e Tales from the Tube, ma non avevo mai messo insieme le due cose. In seguito, ho potuto relazionarmi alla sua arte perché era molto simile alle mie esperienze psichedeliche. Le guardavo e dicevo Esatto, Rick, hai fatto centro!”.


Copertina di Tales From the Tube (inserto di Surfer , numero di febbraio 1972). 
Tales From the Tube era la fusione di fumetti underground con il surf, mentre Griffin arruolava i talenti dei suoi compari di San Francisco 
Zap , Robert Williams, Robert Crumb e S. Clay Wilson. Insieme agli artisti del surf Glenn Chase e Jim Evans crearono un bizzarro e brillante universo surf. Griffin, che era tornato a fare surf a tempo pieno nel ’70, attingeva a riserve nascoste di surreale energia da surf con la sua storia, “Awoo!”

Un resoconto dell’Acid Test di Watts sarebbe stato in seguito immortalato in The Electric Kool Aid Acid Test (in italiano uscito con il titolo La baby aerodinamica kolor karamella) di Tom Wolfe. “Era roba piuttosto impressionabile”, ha ricordato Rick. “C’era un pandemonio totale e meraviglioso dentro quella capanna”. In seguito, Rick, ormai convertito all’acido estatico, cercò senza successo di convincere i suoi genitori ad andare d’accordo con lui. Non riuscendoci, rivolse la sua attenzione al mondo del surf.
A partire da Le Adventure Surf Francais nel marzo 1966, Griffin iniziò a infiltrarsi furtivamente nelle avventure Griffin-Stoner con la simbologia della droga allora criptica. L’uomo delle cartine ZigZag appare nel primo riquadro e nell’ultima scena Griffin sta allegramente fumando un narghilè a bordo del fantail dello yacht di uno sceicco. Trovare i riferimenti all’erba nei cartoni animati di Griffin divenne presto un punto d’onore tra un piccolo ma crescente numero di surfisti esperti. “Era il cavallo di Troia”, dice Drew Kampion, direttore di Surfer dal 1968 al 1972. “Ha creato quella connessione sotterranea in un modo più pubblico di qualsiasi altro surfista”.
Incoraggiato, Griffin inseriva un numero sempre maggiore di riferimenti psichedelici in ogni numero successivo. Con Guess Who’s Minding the Store (settembre 1966) aveva trasformato gli uffici di Surfer in una discoteca alla moda, completa di mandala fluorescenti e go-go girl in gabbia. L’occhio attento noterà la marijuana e i funghi magici che crescevano nelle fioriere. “Molte di queste cose sono passate inosservate per un po’”, ha detto Griffin. “Ma alcuni degli inserzionisti più importanti e diretti hanno fatto notare ai redattori di Surfer che stavo inserendo tutti questi riferimenti ‘pericolosi’ nelle mie vignette. Quindi, hanno detto a Surfer che se non avessero raddrizzato questo tizio, avrebbero ritirato le loro pubblicità. Hobie ha fatto pressione apposta su Surfer per convincermi a ripulire il mio comportamento”.


Manifesto per la mostra d’arte di Jook Savage, Psychedelic Shop, Haight-Ashbury, 6 gennaio 1967.

I rapporti tra Severson e Griffin in questo periodo divennero notevolmente tesi. Griffin sentiva che stava rapidamente diventando troppo grande per la rivista e Severson, che a metà del 1966 giocava a golf con i repubblicani della contea di Orange, era indignato perché il suo ex prodigio stava sconsideratamente attirando l’establishment del surf su di lui. “Non mi piaceva che Rick ci facesse di quelle cose e che le inserisse nei fumetti della mia rivista”, disse Severson, ma lui non smise di farlo. Se guardi attentamente in quello del Messico (What Happened to Griffin? gennaio 1967) vedi che i personaggi trasportano balle di erba su zattere nella giungla”.
Severson si scontrò con Griffin quando alterò sottilmente il lavoro di Rick per distorcere un paio di riferimenti alla droga (di cui Severson aveva poca conoscenza). I cambiamenti erano impercettibili a tutti tranne che a Griffin, ma per Rick fu un atto di tradimento da parte del suo eroe di una volta. “Ho iniziato a incazzarmi davvero per questo. Ci mettevo sempre meno cuore.”
All’inizio di quell’estate, mentre era in una sortita per comprare erba a casa di un amico a Los Angeles, Griffin notò un poster elaborato e d’altri tempi disegnato l’estate precedente. Pubblicizzava uno spettacolo a Virginia City, Nevada, dei The Charlatans, la band acid-rock originale di San Francisco. I Charlatans, che indossavano eclettici abbigliamenti da negozio dell’usato e suonavano un folk-rock elettrificato e sconclusionato, incoraggiavano liberamente i loro fan ad andare con loro. Per tre estati, dal 1965 al 1967, si esibirono al Red Dog Saloon di Virginia City, una città fantasma del vecchio West trasformata in una trappola per turisti. Divenne una calamita per la cultura embrionale degli hippies, ormai in piena esplosione a San Francisco. “Ciò che il Cavern Club era per i Beatles, il Red Dog lo era per la scena musicale psichedelica americana”, scrisse uno storico del rock.
Griffin ne era ipnotizzato. “Era disegnato in modo rozzo ma splendido… i membri della band erano raffigurati come una specie di dandy edoardiani, art nouveau, del Far West, tutti agghindati con tutti questi fronzoli di un tempo. Aveva questi elementi tipici della nuova musica, del rock and roll e della controcultura artistica che stava emergendo nella Bay Area. Era semplicemente, credo, l’immagine più cool che una band potesse mai avere”. Meno di una settimana dopo, Griffin era a Virginia City, dove ha incontrato la band. “Quel viaggio a Virginia City è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, ha detto Griffin. “Ho capito che sarei diventato parte di tutto questo”.

“San Francisco è una città di 49 miglia quadrate
circondata interamente dalla realtà.”

Paul Kanter, chitarrista dei Jefferson Airplane

Flaven Heather Highland Griffin nacque nel luglio 1966 all’ospedale UCSF, diventando così una delle figlie illegittime originarie di Haight-Ashbury. Nel frattempo, il padre riluttante di Flaven aveva venduto il suo studio di Los Angeles e aveva attraversato il confine fino a San Blas, in Messico. Era stato a San Francisco brevemente a giugno per dare un’occhiata a Ida, ma aveva anche dato un’occhiata agli straordinari nuovi poster di concerti rock disegnati da Wes Wilson e dai vicini di casa di Ida, Stanley “Mouse” Miller e Alton Kelly. Da quando aveva lasciato Los Angeles, Ida aveva inviato a Rick volantini di spettacoli recenti per dargli un’idea della fiorente scena musicale psichedelica. Poco dopo il suo arrivo a Mazatlan, Rick scrisse a Ida, blaterando del suo tortuoso viaggio verso sud, sfidando desperados, alligatori e buche mangiauomini per prendere un’onda decente. Per il senso di avventura da favola di Rick, il Messico sembrava un’esotica frontiera del terzo mondo, piena di pericoli e intrighi cinematografici. Ida rise e tirò fuori la valigia.
“Ho riso perché avevo viaggiato molto da bambina e sapevo che non era un granché andare in Messico”, racconta Ida. “Così sono salita su un autobus a Tijuana con Flaven, che aveva sei settimane, e i miei amici Gus e Mary, e siamo andati tutti a Mazatlan per vedere Rick. Rick non sapeva che saremmo venuti. Ha cercato di non fare la faccia sorpresa quando siamo comparsi sulla spiaggia dal nulla”.


Raro poster del concerto di Jimi Hendrix al San Francisco Fillmore dal 2 al 4 febbraio 1968 (Bill Graham numerava la serie n. 105). Entro il ’71 Hendrix, Joplin e Morrison sarebbero morti tutti per overdose di droga. Rick aveva disegnato poster per tutti loro.

La nuova famiglia si stabilì sotto una palapa sulla spiaggia a San Blas e si organizzò per rimanervi per un po’ di tempo. Per i due mesi successivi, vissero un’esistenza idilliaca: facevano surf, dormivano in amache sotto le stelle, mangiavano tacos di pesce e sorseggiavano succo di cocco fresco dalla buccia. Il surf di Rick si era ridotto a quasi niente mentre era a Chouinard e stava rapidamente riscoprendo l’entusiasmo. Pur non facendo promesse, fece anche i suoi primi passi incerti verso la paternità.
Un giorno, durante una scorribanda sulle vicine montagne della Sierra Madre, Rick e Ida incontrarono gli indiani Huichol, una tribù sciamanica rinomata per i suoi vivaci dipinti di filato e per il design di perline ispirato alle visioni indotte dal peyote. Gli Huichol e la loro arte sacra affascinarono Rick e si possono vedere i mescaleros avvizziti iniziare a spuntare come motivi ricorrenti nelle avventure di Griffin-Stoner poco dopo.
Rick e Ida tornarono in California a metà novembre, dove Rick era stato invitato, insieme al resto dei Jook Savages, a mettere in scena uno spettacolo di arte e musica per celebrare il primo anniversario dello Psychedelic Shop su Haight Street. Lo Psychedelic Shop, presumibilmente il primo head shop del mondo, fungeva da centralino e deposito di rifornimenti per la metropolitana di San Francisco. A Rick fu commissionato di disegnare il manifesto. Ispirato dal manifesto del Charlatan’s Red Dog Saloon (da allora soprannominato The Seed), Griffin generò rapidamente il suo collage, reso in modo più raffinato, che piegò e contorse il tipo in forme eccentriche e appena leggibili che presumibilmente ricreavano l’esperienza acida. In tipografia, Griffin incontrò la gente del giornale underground The Oracle (in seguito chiamato “la stele di Rosetta degli hippie”), e la profondità della scrupolosa abilità di Griffin li lasciò senza parole.


The Jook Savage Art Show at Psychedelic Shop di Rick Griffin
Stampato da Berkeley Bonaparte, San Francisco, CA, 1967

A Rick è stato chiesto subito di contribuire con la sua arte a The Oracle e ad altri eventi. “Mi hanno detto: ‘Fra una settimana ci sarà questo grande evento al parco. Si chiama The Gathering of the Tribes‘. Lo chiamavano Human Be-In. È stato il primo di una serie di eventi simili che si sono verificati in tutto il paese, che alla fine hanno portato a Woodstock“.
Il manifesto di Rick, che annunciava l’avvento dell’era dell’Acquario, raffigurava un indiano dell’ovest a cavallo che reggeva una chitarra con un braccio e sollevava la coperta cerimoniale con l’altro.


Pow Wow – A Gathering Of The Tribes, 1967

Il 14 gennaio 1967, oltre 20.000 giovani hippies, attratti dagli annunci radiofonici e dal manifesto di Rick, si sono radunati al Golden Gate Polo Grounds. (“È come se qualcuno avesse sollevato un’enorme roccia piatta e noi ne fossimo usciti tutti insieme”, ha ironizzato il DJ underground FM Tom Donahue). L’evento gioioso, durato tutto il giorno, ha visto Allen Ginsberg, Gary Snyder, Lawrence Ferlinghetti, Michael McClure, Timothy Leary e Richard Alpert come ospiti principali. I Jefferson Airplane hanno suonato, tutti si sono scatenati e un messaggio è stato spedito ai giovani d’America: un nuovo Mago di Oz li stava aspettando a San Francisco. L’estate dell’amore era iniziata.


Immagine dei Big Five di San Francisco: Alton Kelly, Victor Moscoso, Rick Griffin, Wes Wilson, Stanley Mouse. Fotografia di Bob Seidemann.

Artisti della rivista Zap Comix , circa metà anni ’80
S. Clay Wilson, Stanley Mouse, Victor Moscoso, Robert Crumb, Rick Griffin, Robert Williams, Kim Deitch e Spain Rodriguez. Fotografia di Bob Seidemann.


Griffin lavora alla copertina di “Monster” degli Steppenwolf, Los Angeles, 1968. I crediti di Griffin per le copertine degli album includono l’arte per i Belairs, Jackson Browne, Eagles, Honk, Richard Pryor, The Cult e i Grateful Dead. Da adolescente, il musicista Paul Johnson cedette un’intera collezione di riviste 
Mad a Rick per una fornitura a vita di arte. Paul dice che se la cavò piuttosto bene con l’affare.

Fotografia di Henry Diltz.