Il fenomeno delle ondate migratorie, la gestione, il controllo, la convivenza, le regole e molti, moltissimi altri temi, sono oramai da anni all’ordine del giorno del dibattito pubblico sia per quanto riguarda le scelte politiche, sia per le più becere e tristi ricerche di sostegno e risultati elettorali.
Come ho già avuto modo di segnalarvi (qui), il tema dei flussi migratori è al centro di un magazine, “Migrant” per la precisione, che personalmente amo per la scelta di seguire sia un rigore contenutistico, sia una ricerca di nuove strade dal punto di vista grafico.
Da qualche settimana si  unito al gruppo dei magazine indipendenti che possiamo definire più socialmente impegnati, anche il londinese “Contra Journal“, una pubblicazione senza scopo di lucro che esplora la relazione tra l’arte e le varie forme di conflitto sparse, ahimè, per tutto il pianeta.
“La parola contra significa in opposizione a e così è conflittuale proprio per definizione, come sostiene George Brodie, co-fondatore nel 2015 di Contra Journal, insieme a Ben Bohm-Duchen. Avendo entrambi studiato e scritto ampiamente durante il loro percorso universitario sulle rappresentazioni del conflitto, si sono sentiti in dovere di lavorare ad un progetto che diffondesse ai lettori questi concetti e contenuti anche e soprattutto al di fuori del mondo accademico per far riflettere su quanto sia importante e coinvolgente il tema del conflitto se affrontato in modalità trasversali e sperimentali.
Tre anni dopo, la coppia ha costituito un team di sei persone, tutte con sede a Londra e che lavorano nei campi dell’editoria, dei musei, della cucina e del cinema. Con contenuti estratti da vari angoli del mondo creativo, “Contra” è una pubblicazione che, secondo i loro fondatori, si pone l’obiettivo di “accendere una luce una luce sugli artisti e le voci che non sono spesso viste o ascoltate quando si parla di conflitto”, creando così una narrativa alternativa a quello normalmente presente nei media mainstream.
Ogni edizione viene organizzata a a partire da un tema diverso, non a caso il primo numero, intitolato Displacement, esplora le modalità con cui la cultura grafica e visiva, risponde e si modifica in risposta alle attuali immigrazioni dei popoli.
Il progetto si autofinanzia con la vendita e con eventi di presentazione della rivista, esattamente come qualsiasi altro progetto definibile “sociale” e quindi con pochi fondi a disposizione.
Il risultato però è gradevole, pulito, senza fronzoli. Gioca a suo favore la carta della semplicità fornendo al lettore un magazine asciutto e leggibilissimo nelle sue 128 pagine.
La prima uscita presenta due cover: una ripresa da Seba Kurtis e l’altra da Harley Weir. All’interno troverete una panoramica della giungla di Calais attraverso le case di alcuni dei suoi abitanti e altre interessanti approfondimenti sul tema della migrazione.
Attraverso la combinazione di accattivanti saggi fotografici e articoli longform “Contra Journal” utilizza l’arte e il design per creare un luogo cartaceo che riesce a comunicare storie e soprattutto a difendere voci inascoltate.
Progettato da Our Place Studio, “Contra Journal” lancia così una sfida per portare i magazines indipendenti oltre ad una certa frivolezza dando senso, sostanza e autorevolezza a questa nuova splendida stagione dell’editoria cartacea.