Uno dei temi che negli ultimi due decenni è emerso come centrale nell’ambito dei cosiddetti cultural studies è senz’altro quello che analizza il rapporto fra narratività e Database o, per dirla con le parole di Lev Manovich, uno dei primi teorici della materia: “creare un’opera in new media può essere inteso come creare un’interfaccia che permetta l’accesso a un Database. […] Il Database diventa quindi il centro del processo creativo nell’era dei computer.” (1)
Lo studioso statunitense infatti, propone la tesi secondo la quale la modalità con cui creiamo le narrazioni al tempo dei nuovi media rappresenti uno switch del processo cognitivo che ha le sue basi nel Database. In pratica, semplificando molto, si è passati con il postmpoderno e con la successiva propagazione dell’interfaccia (web e non solo), da una narrazione lineare a una reticolare.
Per essere ancora più chiari, Manovich contrappone a titolo di esempio, la letteratura omerica, tradizionalmente riconosciuta come fondante della cultura occidentale, alle forme attuali di narrazione basate su Database.
A questo proposito un esempio utile a capire le nuove forme e modalità di rappresentazione è quello della trasmissione televisiva Report in onda dal 1994.
Tralasciando per un attimo il canale con cui viene trasmessa, la Televisione generalista del servizio pubblico nazionale, concentriamoci invece sul processo di realizzazione del programma.
Report, già nella prima versione guidata da Milena Gabbanelli – non a caso oggi a capo del progetto di informazione indipendente Dataroom – e ancor più nella successiva versione a guida di Sigfrido Ranucci, dimostra a mio avviso, molto chiaramente ciò che significa narrazione basata su Database.
Anche se a prima vista può apparire come eccessivamente semplicistica come visione, ritengo utile il case studies di Report per rendere maggiormente comprensibile il nuovo paradigma comunicativo dei media contemporanei.
Per entrare più nel merito della questione, elenchiamo di seguito alcuni elementi che credo siano centrali in un’analisi della narrazione da Database così come espresso, a titolo di esempio, dalla trasmissione televisiva Report.
Per farlo, seguiamo ancora le indicazioni di Manovich, quando sostiene che:
“al Database, ovvero al paradigma, viene data l’esistenza materiale, mentre la narrativa, il sintagma, viene smaterializzata”.
Nei nuovi media cioè, le narrazioni esistono (solo) come collegamenti tra gli elementi del Database – sono semplicemente un’unità di base che va a formare un insieme di più complesse configurazioni rappresentanti la narrazione stessa.
CONNESSIONI
Il primo punto di analisi è quindi la nozione di collegamento (link), su cui si basa l’intera struttura portante della narrazione su Database, pensiamo per esempio all’ipertesto o, ancora più in generale al funzionamento stesso dell’algoritmo di Google che indicizza il materiale presente in Internet. Si tratta di quell’insieme di legami, diretti e indiretti, fra le varie entità che compongono la comunicazione. Legami che si dispiegano in maniera bidirezionale fra loro e potenzialmente senza una conclusione.
Appare evidente come la narrazione di Report si basi quasi esclusivamente sui collegamenti, sul continuo e vorticoso rimando a notizie e servizi precedentemente andati in onda, su informazioni riportate da altre trasmissioni oppure da altri soggetti (magistratura, politica, letteratura, ecc.), da elaborazione di dati e analisi dei fenomeni scaturiti da essi e perfino da ulteriori servizi prodotti dalla stessa trasmissione, arrivando quindi a una sorta di metacomunicazione in cui le stesse puntate di Report vengono ri utilizzate in un’infinita costruzione di senso.
ELENCHI
Proprio dallo studio dei collegamenti, dalla forma dell’intelaiatura dell’intero programma, emerge un altro punto centrale della narrazione su Database di Report, ovvero il suo utilizzo dell’elenco 8o tabella) come elemento base della narrazione. Elenchi che si relazionano a altri elenchi, in un continuum logico-narrativo che non si snoda seguendo una storia pre esistente, ma si realizza in progress sulla base delle correlazioni che di volta in volta vengono evidenziate o, in alcuni rari casi, appaiono senza apparente premeditazione. Si potrebbero fare numerosi altri esempi di tale processo creativo, basti pensare al concept alla base della rivista Archivio Magazine, che si compone di reportage costruiti sui materiali di archivi privati e pubblici e alle loro relazioni di contenuto. Oppure, in una versione ancora più estrema, alle rappresentazioni visuali delle Data Visualizazion sempre più diffuse nel mondo editoriale, in cui per la strutturazione di una narrazione coerente e fenomenologica, vengono connesse elenchi con grosse moli di dati.
A dimostrazione ulteriore dell’attuale fortuna di questa forma di narrazione è possibile notare come Report sia solito non fermarsi a questo primo livello di relazione fra elenchi giungendo sempre più spesso a successivi rimandi, formando cioè una struttura visiva che può essere assimilata appunto, alla struttura di un Database che mostra relazioni che possono essere uno a uno, uno a molti oppure molti a molti.
VARIETÀ
In questo complesso reticolo di legami fra elenchi, un aspetto da sottolineare è quello della varietà, il fatto cioè che gli elementi contenuti negli elenchi stessi siano anche molto differenti fra loro senza per questo inficiare la coerenza della narrazione complessiva che, anzi, proprio da questa diversità, trae e genera la propria ricchezza narrativa.
La materia con cui Report infatti si misura e con cui riesce a montare le proprie storie è quanto di più disomogeneo si possa a prima vista pensare. Riflettiamoci un attimo.
Durante uno qualsiasi dei servizi della trasmissione possiamo imbatterci in molti linguaggi differenti, pensiamo all’utilizzo dei dati e delle statistiche; alla presentazione di e-mail o documenti pubblici e privati, alle rappresentazioni grafiche dei fenomeni, all’uso strumentale della musica o della fotografia. Il tutto, non dimentichiamolo, sempre inserito in un ulteriore canale di trasmissione che è quello del video in cui, stratagemma questo molto utilizzato proprio nella trasmissione Report, la ripresa viene mostrata esattamente così com’è, senza sovrastruttura o mascheramento, con le immagini delle strumentazioni di video registrazione sempre ben evidenti allo spettatore.
CENTRALITÀ DELLA SCRITTURA
È chiaro che alla base di questa tipologia di costruzione narrativa vi è la scrittura visto che le liste e gli elenchi cominciano proprio con la scrittura. Jack Goody osserva che “le informazioni contenute nelle liste vengono estratte dalla situazione concreta in cui sono nate” (2), pensiamo a questo proposito agli elenchi degli indagati, elenchi delle pratiche amministrative, elenchi dei bandi o gare d’appalto, ecc. e dal contesto linguistico di riferimento.
Riprendendo le parole di Walter Ong, si può quindi sostenere come “di norma, nell’espressione orale, le parole non fluttuano liberamente come nelle liste, ma sono collocate in frasi: raramente capita di sentire recitare un elenco di nomi, a meno che non vengono letti da una lista scritta o stampata. In questo senso, le liste in quanto tali non hanno equivalenti orali.”(3) È pertanto logico constatare come, diversamente da quanto vediamo noi in qualità di spettatori, alla base dell’intero processo narrativo-giornalistico di Report vi sia una decisa centralità della scrittura rispetto all’oralità.
SERIALITÀ DELLA NARRAZIONE
Quella di Report è quindi una narrativa molto strutturata e composita, basata su una moltitudine di legami e connessioni fra elementi che variano sia nella quantità che nella forma.
Per rappresentare una costruzione di tale complessità è quindi necessaria un’esposizione altrettanto organizzata, che tenga conto inoltre del fatto che, molto spesso, si tratta di indagini svolte in contemporaneità con la messa in onda.
Da questo deriva un’altra caratteristica della comunicazione su Database di Report, ovvero il suo essere una narrazione seriale.
Il tema della serialità, così come proposto da Umberto Eco, sembra essere strettamente correlato alla questione del superamento della separazione tra due modelli di proposta culturale tra loro ritenuti opposti, o quantomeno pensati in termini di relativa superiorità e inferiorità della cultura alta (mainstream) versus cultura bassa (cultura di massa). Tralasciando tali aspetti squisitamente teorici, possiamo però sostenere come il tema della ripetizione e della serializzazione sia riconducibile a cinque specifiche tipologie:
- la replica, ovvero la riproduzione di oggetti identici tra loro tipica della produzione industriale;
- la ripresa o continuazione di un tema di successo, come si vede nel cinema con i casi di produzioni quali Star Wars o Superman;
- il remake, quando cioè una stessa trama narrativa viene eseguita nuovamente modificandone gli elementi accessori Pensiamo a questo proposito ai casi di Nosferatu di Werner Herzog dal Nosferatu originale del 1922 di Friedrich Wilhelm Murnau oppure allo Scarface di Brian De Palma che rielabora l’originale di Howard Hawks;
- la serie con la ripetizione di una stessa struttura narrativa con piccole variazioni dell’intreccio tipiche di produzioni televisive quali Starsky e Hutch o Colombo;
- la saga, ovvero la successione di eventi, apparentemente sempre nuovi, che interessano, a differenza della serie, il decorso storico di un personaggio e meglio ancora di una genealogia di personaggi. A questo proposito pensiamo a Star Wars o a Ritorno al futuro.
Quella che Report utilizza nella variante giornalistica del tema è una serialità che si avvicina al concetto di saga, dove cioè si assiste allo spostamento in avanti della narrazione come parti successive di una narrazione unica.
FOCALIZZAZIONE SUL TEMA
Infine, da un punto di vista più propriamente estetico, notiamo in Report l’utilizzo di uno stile nudo e scarno in cui viene cancellato dalla visuale dello spettatore tutto ciò che può distogliere l’attenzione dalla narrazione e dal suo svolgimento.
Si tratta, a mio avvio, di una scelta funzionale dovuta alla ingente mole di informazioni contenute nella narrazione che rende necessaria la massima semplificazione di tutto ciò che la accompagna.
La narrazione su Database, come nel caso qui analizzato della trasmissione Report, è quindi molto più vicina e presente di quanto non si pensi. Non è un caso forse che il nome sia proprio Report, che in gergo tecnico informatico rimandi a un elemento fondante del database stesso., quello cioè che consente di stampare su supporto cartaceo i dati delle tabelle, o dei risultati delle interrogazioni (query).
Non fraintendete, narrazione su Database non vuole significare eliminazione dell’autore in favore di una fumosa e meccanicistica automazione della produzione narrativa, anzi. Come sostiene la studiosa americana Katherine Hayles nel suo How We Became Posthuman: Virtual Bodies in Cybernetics, Literature, and Informatics: “il Database chiede la ricomparsa della narrazione non appena sono richiesti significato e interpretazione”.
La narrativa è l’antica tecnologia linguistica con cui l’uomo contemporaneo intende attribuire il significato proprio alle relazioni tra elenchi di informazioni. Il Database viene quindi a rappresentare uno strumento ulteriore nelle mani dell’autore o, come nel caso preso in esame della trasmissione televisiva di Report, uno strumento che però non abita nel regno dei dati e della tecnica, ma nel pensiero e nella tradizionale cultura della narrazione umana.
(1) - Lev Manovich, Il linguaggio dei nuovi media, Edizioni Olivares, 2011 (2) - Jack Goody, The Domestication of the Savage Mind, Cambridge University Press, 1977 (3) - Walter Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna, 2012