Oggi sono molto felice di parlarvi di una nuova pubblicazione dal titolo Skank Bloc Bologna: Alternative Art Spaces since 1977, promossa da Mousse Publishing – casa editrice indipendente fondata nel 2008 e specializzata in pubblicazioni d’arte contemporanea – a cura di Roberto Pinto e Francesco Spampinato.
Il bel volume, ricchissimo di fotografie, non è solo un memoir che riporta alla mente i “gloriosi tempi andati”, ma è una puntigliosa ricostruzione storica in cui ci si addentra all’interno di quel tesoro di creatività, idee, sogni e provocazioni rappresentato dalla variegata e pulviscolare serie di spazi espositivi indipendenti di cui la città di Bologna, forse pari in questo solo a Milano e Roma, si caratterizza.
L’arco di tempo indagato si snoda dal 1977 a oggi e non poteva essere diversamente visto che proprio nella città bolognese partì il movimento del ’77, ultimo vero grido d’allarme della controcultura post sessantottina oramai in procinto di gettarsi nel nascente movimento punk.
Il libro, vincitore dell’undicesima edizione del programma Italian Council (2022) promosso dalla Direzione Generale per la Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura italiano, è una ricca fonte di analisi, studio e conoscenza per tutti coloro che ignorano il fervente “artivismo” che Bologna da sempre sa esprimere. All’interno vi si (ri)trovano citati molti dei protagonisti diretti o indiretti di tale vitalità, da Andrea Pazienza a Franco “Bifo” Berardi, da Radio Alice e la rivista A/traverso del gruppo mao-dadaista, fino a Dada e Hakim Bey, ma soprattutto, a farla da padrone è quel mondo che, apartire dagli anni Novanta, ha saputo ridipingere il concetto stesso di controcultura, allontanandosi dai padri nobili degli anni Sessanta, ma anche dal punk, riuscendo in questo modo a creare un vero e proprio nuovo ecosistema tanto da parlare di “modello Bologna”, di cui le società cooperative e i centri sociali non sono che la punta di un iceberg che al suo interno smuoveva molto di più.
Il titolo del libro fa riferimento alla canzone Skank Bloc Bologna, del 1978 del gruppo post-punk inglese Scritti Politti, un testo di per sè emblematico della percezione internazionale che Bologna aveva saputo fornire di sé in qualità di epicentro di agitazione politica e innovazione culturale. Dopo tutto, la band di Leeds era formata da militanti politici di sinistra e il leader Green Gartside era un appassionato lettore di testi marxisti come dimostra anche il nome del gruppo, una storpiatura degli Scritti politici di Antonio Gramsci.
I saggi presentati, scritti dai curatori Roberto Pinto e Francesco Spampinato, sono affiancati da interventi di Andrea Lissoni, Lara De Lena e Davide Da Pieve, sono in inglese e italiano, e hanno il merito di non sprofondare in un’autocelebrazione fine a sé stessa, ma tentano intelligentemente di indagare da molteplici punti di vista, le radici di questa “unicità bolognese”, rimanendo però sempre attenti a mantenere un legame con il presente e su ciò che tanta vitalità ha saputo lasciare in eredità.
Il tutto accompagnato da un apparato fotografico davvero di qualità, che prescindendo dal voler rendere digeribile un intero mondo di “sovversività diffusa”, riesce a restituire quel sapore tutto composto di passione e volontà che solo certi movimenti “dal basso” sanno emanare.
Gli spazi – ma direi ancor di più le esperienze – a cui il libro rende omaggio ricostruendone storia, protagonisti e particolarità, sono davvero molti e rimandano ai nomi che forse qualche lettore più attempato ricorderà, si parla di Adiacenze, Alchemilla, Ateliersi, Atlantide, Bartleby, Il Campo delle Fragole, Cantina Darth, Casabianca, Cassero, Depot, Elastico, Fiorile Arte, Gelateria Sogni di Ghiaccio, Isola Nel Kantiere, Làbas, Link Project, Livello 57, Localedue, Maison Ventidue, neon, Nosadella.due, Novella Guerra, Nowall, Parsec, Segreto Pubblico, Senza Filtro, Studio Cloud 4, TIST – This Is So Temporary, TPO – Teatro Polivalente Occupato, TRIPLA, Traumfabrik e La Tregenda, questi ultimi due vere micce accese che hanno saputo appiccare l’incendio in città.
Insomma, Bologna ha una storia densa e ingombrante dietro di sé, ma ha spalle abbastanza larghe da saper portare avanti tutto ciò e continuare a rinverdire una tradizione che la vede come uno dei vettori più interessanti, intelligenti e – cosa di non poco conto – pratici, del panorama artistico e non solo italiano.
Desidero ringraziare Marcello Bertolani di Mousse Publishing e Francesco Spampinato per la cortese segnalazione.
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