“Eravamo giovani, ricchi e belli, e la marea – pensavamo – stava girando a nostro favore. Avremmo cambiato tutto, ovviamente, ma soprattutto avremmo cambiato le regole”.
Marianne Faithfull.
Per le boutique di Chelsea nella Swinging London della metà degli anni Sessanta, l’individualità e l’anticonformismo erano all’ordine del giorno. Il cambiamento degli atteggiamenti nei confronti del genere e della sessualità, inserito nel vitale clima socio-politico dell’epoca, ha contribuito ad ispirare nuove idee, libertà di espressione e una decisa opposizione ai valori dell’establishment. Da questa multiforme esplorazione all’interno di tutti i settori dell’espressività creativa, è emersa una generazione di giovani designer radicali, che si rivolgeva a un gruppo di artisti passati alla storia poi con la definizione di The Beautiful People.
Presentando oltre cento opere dislocate in tre gallerie, l’esposizione dal titolo Beautiful People: The Boutique in 1960s Counterculture esplora esempi favolosi di queste nuove tendenze andando a ricomporre l’estetica tipica dei negozi che hanno definito un’epoca e le cui influenze giungono dritte dritte fino ai nostri giorni.
I modelli indossati da artisti del calibro di Beatles, Rolling Stones e Jimi Hendrix sono esposti attraverso puntigliose ricostruzioni grafiche che prendono spunto da quelle che erano le otto boutique più iconiche del tempo, nello specifico: Hung On You, Granny Takes A Trip, Biba, Apple Boutique, Apple Tailoring, Mr Fish, Dandie Fashions e Quorum.
Il design scandalosamente sgargiante che andava a ripescare temi e influenze un po’ da tutta la storia del Regno Unito, erano stati ispirati da un’idea romantica del passato; Camicie a balze in stile Byron abbinate a broccati Regency e pantaloni di velluto felpato sono stati mescolati con influenze dal Marocco e dall’Estremo Oriente. La moda del periodo è riuscita a strappare di netto con il passato creando un’estetica che cancellava i confini di genere attraverso stili sempre più androgini costruiti attraverso un’esplosione di colori, motivi e decorazioni.
I capi in mostra esprimono la reazione alla moda modernista cavalcata dal mondo mainstream, alla produzione di massa e alla cultura pop tipica di brand quali Mary Quant e Swinging London di Terence Conran. Lo stile proposto era un bricolage di elementi anche molto distanti fra loro, prodotti in piccole quantità per assicurare a chi li indossava il proprio look unico come era ben riassunto nella citazione di Oscar Wilde riportata dal cartello situato al tempo sopra la porta del negozio Hung on You: “Una persona dovrebbe essere un’opera d’arte, al massimo indossarla”.
Copertine di dischi, packaging, riviste e poster mostrano il design grafico del tempo e l’incredibile influenza proveniente dal passato, in particolar modo dall’Art Nouveau. La sezione Dandy Fashions presenta una giacca di broccato color crema in stile Regency Dandy, un modello indossato da Brian Jones, Jimi Hendrix e Keith Moon. Un tailleur con stampa Art Nouveau in viola psichedelico, blu e arancione, una stampa che avrebbe continuato a influenzare l’ormai famoso brand Biba proposto nell’omonima sezione.
I tessuti per l’arredamento e per l’abbigliamento degli anni Quaranta venivano rielaborati in modelli fortemente iconici di abbigliamento maschile. Forse il più notevole di questi è la giacca William Morris Golden Lily Print proposta dal negozio Granny Takes a Trip. Il capo, indossato da George Harrison, è stato realizzato in una varietà di stampe Morris e prodotto in tessuto d’arredo da Sanderson. Accanto a questa giacca seminale, i pezzi chiave in mostra includeranno anche un maxi abito da uomo con colletto Nehru di Mr Fish, che ricorda il design indossato da David Bowie sulla copertina The Man who sold the World.
I famosi capi di Mr Fish forniscono esempi assai rappresentativi della “ribellione” contro lo stile di abbigliamento maschile tradizionale e conservatore.
Altri modelli che spingono i confini di stile e genere includono un “abito arazzo” con maniche a campana disegnato dal duo olandese The Fool appositamente per Apple Boutique – un raro esempio ripreso dalla breve vita del negozio dei Fab Four – e un tailleur pantalone in raso di seta con una stampa ispirata alla moda cinese di Celia Birtwell per la boutique Quorom a King’s Road. Un abito di velluto verde stropicciato, creato da Tommy Nutter e indossato da Maurice Gibb dei Bee Gees, evidenzia il manifesto sfarzo ricercato nell’abbigliamento maschile del periodo.
Beautiful People esamina anche il modo in cui Londra e le sue mode iniziarono a cambiare verso la metà degli anni Settanta. Sono esposti l’esuberante sartoria di Tommy Nutter ispirato agli anni Trenta, il patchwork riccamente decorato di Thea Porter, le crepes e gli chiffon ispirati alla fantasia di Alice Pollock e il revival del glamour hollywoodiano di Barbara Hulanicki.
La mostra accompagna i visitatori fino agli ultimi mesi di questo periodo iconico della moda, quando per esempio, nel 1975 il capo Big Biba, venne ospitato all’interno dell’iconico spazio di Derry e Toms.
Il periodo di chiusura di questo ciclo euforico coincide con la chiusura del grande magazzino di Kensington e con la boutique SEX di Vivienne Westwood che inaugura proprio in quelli che erano stati gli sazi di Hung On You al 430 di King’s Road e le spille da balia sostituiscono la psichedelia.
La mostra, la prima riuscita a raccogliere così tanto materiale, permette allo spettatore di entrare nel mondo inebriante della controcultura londinese degli anni Sessanta e di godere di un’esperienza unica nel suo genere, un’esplorazione immersiva in uno dei periodi più dirompenti della storia del design, in particolar modo britannico.
Questa mostra è curata da Dennis Nothdruft, responsabile delle mostre del Fashion and Textile Museum, in collaborazione con Mark e Cleo Butterfield di C20 Vintage.
Beautiful People: The Boutique in 1960s Counterculture è una mostra del Fashion and Textile Museum.