INTRO

RAR è il nome del progetto collaborativo di Federica Patera e Andrea Sbra Perego attivo dal 2015 al 2020.
Prendendo spunto dal concetto di analogia, i due artisti rappresentano delle narrazioni concettuali dal forte impatto materico e visuale che pongono al centro del progetto la testualità di autori anche molto differenti fra loro. La trama di connessioni e rimandi che costruiscono fra porzioni significative di testualità appare come una mappa dove paradossalmente non si trovano punti cardinali ma bensì una sensazione di propulsivo spaesamento, di creativa perdita dell’orientamento. Una rete interconnessa che smonta i testi presi di volta in volta presi in esame fra cui troviamo autori quali Clarice Lispector, Will Self, Charles D’Ambrosio, William Vollmann, Stephen King, Cristina Campo, Roberto Bolaño, Thomas Pynchon, David Foster Wallace, Jorge Luis Borges.
RAR seziona sia concettualmente che fisicamente la testualità fino a farne delle vere e proprie tappe di un tragitto tortuoso che lascia il lettore/spettatore di fronte alla necessità di crearsi in forme del tutto autonome – non controllate né dirette – nuovi scenari che abbandonano dietro di sé l’ordine – e quindi il senso – in cui le parole erano state poste originariamente.
I fili di lana colorata, le incisioni degli spilli che affondano nella carta, le trame che si manifestano nella visione complessiva, lasciano solo intravedere ciò che queste vere e proprie costruzioni nascondono al loro interno ovvero un flusso continuo di senso testuale tutto da costruire.
«Quando ti imbatti nell’acronimo RAR, pensi subito a un sistema di compressione e archiviazione dei file. Un sistema che contiene qualcosa di più grande dello spazio che occupa. Qualcosa in divenire che può cambiare e aumentare». Così i due artisti iniziano la presentazione del loro progetto che, oltre al titolo RAR, ritengo abbia ulteriori rimandi ai più contemporanei ambienti digitali di cui il concetto di Ipertesto è forse quello più immediatamente visibile.

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INTERVISTA

Ciao, come sempre per prima cosa voglio ringraziarvi per aver accettato questa chiacchierata con me, ne sono davvero molto felice.
Prima di procedere, condivido con voi il fatto che, scorrendo le immagini del vostro progetto RAR, si palesavano nei miei pensieri alcuni concetti, alcune parole chiave su cui vorrei sviluppare questa che vorrei fosse una sorta di vera e propria chiacchierata.

Il primo tema è quello dell’analogia, da voi stessi sottolineato nella descrizione del progetto.
Amo ricercare l’etimo delle parole e quello di analogia mi è sempre piaciuto molto: dal greco anàlogos, termine composto dalla preposizione greca anà, che significa letteralmente verso l’alto e da logos, ossia parola, rapporto, analogia assume ben presto il significato di proporzione, corrispondenza, relazione di due cose fra loro.
RAR è uno sforzo di costruzione di legami e di relazioni di senso tesi a comporre un significato nuovo – potremmo dire inedito – partendo da testualità edite spesso appartenenti ad autori distanti fra loro per storia, periodo e genere letterario.
Quali sono stati i criteri con cui avete selezionato i singoli frammenti di testo e quelli con cui li avete messi in relazione fra loro? E soprattutto avevate già preventivamente l’idea della narrazione che andavate cercando o è nata in progress durante il montaggio?

Quello che abbiamo cercato di fare con RAR attraverso l’analogia è di mettere in evidenza dei parallelismi già esistenti, evitando le forzature. Il tentativo è quello di andare oltre il contesto, le coordinate biografiche di un autore o quelle di un’epoca, e di lasciare emergere l’elemento comune. Il procedimento seguito è quello di individuare all’interno di una narrazione una parola chiave, di cui la citazione che la contiene è un’estensione, un’esemplificazione, e ricercare quella stessa parola all’interno di narrazioni differenti, allo scopo di rendersi conto se tutte le frasi che sono state rintracciate siano in certo qual modo tra loro sinonimi, o meglio traduzioni. Come il passaggio da una lingua a un’altra prevede l’ingresso di sfumature che danno rilievo a dettagli più o meno oscurati, così avviene con quello da una frase all’altra.

Federica Patera – Andrea Sbra Perego: Noi siamo qui. Stampa a caldo su tela di cotone cucita, spilli, pennarello, 35x48cm, 2020

Un secondo termine è quello della Dialettica fra linguaggi, fra forme, fra medium che accompagna tutto il vostro progetto. Non voglio affrontarli tutti, mi limito solo a ritornare al sempre utile Walter Benjamin che – interrogandosi sulla differenza fra grafica e pittura – distingueva tra i concetti di Zeichen e Mal. Il primo, il segno che si manifesta in RAR tramite il testo letterario stampato su un supporto fisico, rimanda alla grafica, al rapporto tra la linea e la superficie che ne fornisce il senso proprio a partire dal contrasto derivante dal suo essere impresso. Il secondo, la macchia, è ciò che invece «emerge, viene in luce e non assomiglia a niente se non a se stesso», un po’ come la narrazione complessiva che siamo chiamati a estrarre dai vostri lavori.
Lo Zeichen rimanda quindi al concetto di spazio mentre il Mal a quello di tempo e in questa dialettica ritorno a RAR in cui ritrovo in maniera evidente sia la finitezza del segno testuale stampato, sia l’emergere dinamico del senso complessivo a cui siamo chiamati come spettatori/lettori dell’opera. Quale di questi due termini dialettici – se esiste una prevalenza – riveste il ruolo trainante in RAR e perché? (Perché al contrario non vi è una predominanza?)

Ciò che viene rappresentato non è il contenuto delle storie, le vicende narrate nei diversi racconti (non principalmente), ma il procedimento di trasformazione che porta la lettura a divenire scrittura, e viceversa; il fruitore a divenire ostensore ed estensore, mescolando i ruoli. Lo scambio ininterrotto che si instaura garantisce la trasmissione, che va al di là della ripetizione e trova il suo completamento nella trasformazione. In RAR, l’eternità di un’esperienza, qualsiasi essa sia (fisica, materica, emotiva, intellettuale), si misura nella sua capacità di essere un bacino perennemente fecondo, foriero di comprensione e di intuizione.
L’approccio visivo, quindi la fattura dell’opera, rimanda e mima, come nel caso di Paesaggio Immaginale, il processo mentale, o lo fotografa, talvolta privilegiando uno sguardo d’insieme talvolta stringendo il campo su un dettaglio, su una singola citazione o su una singola parola chiave, come nel caso delle Pagine.
La parte che riguarda il testo vero e proprio, il quale non è fruibile simultaneamente, ma ha bisogno di una fruizione in successione, una parola via l’altra, ha sia una portata esemplificativa di come si potrebbe tracciare un’opera letteraria universale, al di là degli autori e degli accidenti umani e storici, sia una dimensione più classica connessa al significato. L’intramontabile: cosa dice il testo?
Le due parti si completano e sono arricchite da una terza parte – o sarebbe meglio dire una prima parte sommersa – che è la composizione dell’archivio di RAR, in cui si collezionano le citazioni ordinate per parole chiave. 

Federica Patera – Andrea Sbra Perego: Paesaggio immaginale. Stampa a caldo su tela di cotone cucita, fili di lana, tulle, 400x200x70cm, 2017.

Federica Patera-Andrea Sbra Perego_RAR Paesaggio Immaginale II (dettaglio). Stampa a caldo su tela di cotone cucita, fili di lana, tulle, legno, 100x80x15cm, 2018.

Continuando nell’elenco dei termini che mi sono appuntato per realizzare questa nostra chiacchierata, mi vengono in aiuto le parole di Nicolas Bourriaud quando sostiene che: «osservando le pratiche artistiche contemporanee, più che di forme si dovrebbe parlare di formazioni: all’opposto di un oggetto chiuso su se stesso per l’intervento di uno stile e di una firma, l’arte attuale mostra che non v’é forma se non nell’incontro, nella relazione dinamica che intrattiene una proposizione artistica con altre formazioni, artistiche o meno.»
Il tema è quindi ancora di tipo dialettico, l’incontro e lo scontro, apertura e chiusura, sostanziale scarto che possiamo assumere addirittura come portatore di due differenti approcci al vivere sociale che in questi anni si sono radicalizzati nelle loro distanze.
La domanda che vi pongo è la seguente: perché a vostro avviso, è cosi storicamente difficile dimostrare nella realtà quotidiana l’utilità individuale – ancor di più quella generale – di un ecosistema sociale aperto e vitale, in cui i confini non solo si affievoliscono ma tendono ad essere superati in favore di continue emissioni e immissioni di influenze e contaminazioni?

Da un lato, la dimensione storiografica (l’annotazione costante di date nomi luoghi) ha un legame con la dimensione individuale abbastanza forte e questo fa sì che, sebbene la comunicazione apparentemente sia più facile in questo periodo – perché è tutto segnato –, dall’altra sia favorito un aumento dell’incomunicabilità. Il dilagare dei punti vista, di cui un esempio becero è l’opinionismo, fa sì che non ci sia una comunione profonda, sui significati, sulle definizioni – per restare nell’ambito della parola – e che tutto sia ridotto a misura umana, per natura mortale. Le influenze e le contaminazioni ci sono già, ce ne siamo allontanati e ne sentiamo la mancanza, per questo le inseguiamo, con mezzi al momento inadeguati, ma che porteranno, una volta dismessi, a destinazione. Il verbo sentire non è casuale: in un mondo che negli ultimi secoli si è solidificato sempre di più, materializzato, l’importanza del piano emotivo e sensibile è schizzato riducendo le nostre capacità reali di comprensione. Le idee i metodi sono momentanei e il loro inserimento nella storia gli garantisce una permanenza e allo stesso tempo ne evidenzia l’instabilità. Sta qui il paradosso della storia. 

Federica Patera – Andrea Sbra Perego: Strada Stradale. Stampa a caldo su tela di cotone cucita, fili di lana, tulle, ferro, legno, 101x74x21cm, 2020.

Di fronte ai vari lavori del progetto RAR ciò che mi colpisce è come, sia pur nella loro diversità, rimandino più o meno esplicitamente a quello che nel lontano 1965, George P. Landow definì per la prima volta Ipertesto, ovvero: «Una raccolta di documenti (nodi) contenenti collegamenti incrociati (link) che permettono al lettore di muoversi da un documento all’altro.»
Partendo da questa definizione mi ricollego a un noto testo di Roger Chartier in cui leggiamo che: «Ai rapporti di contiguità imposti dall’oggetto stampato, (il testo elettronico) oppone la libera composizione di frammenti manipolabili all’infinito; alla percezione immediata della totalità dell’opera, resa visibile dall’oggetto che la contiene, fa succedere una navigazione di lungo periodo in arcipelaghi testuali dai contorni in movimento. Queste mutazioni impongono, inevitabilmente, imperativamente, nuovi modi di leggere, nuovi rapporti con lo scritto, nuove tecniche intellettuali». Nei vostri lavori questa distanza fra testo stampato e testo digitale sembra superata mediante una rappresentazione fisica dell’ipertesto in cui i nodi e i link sono addirittura materici. Questo era un obiettivo che avete ricercato fin dall’ideazione del progetto RAR?
Quali sono a vostro avviso i nuovi modi di leggere, nuovi rapporti con lo scritto, le nuove tecniche intellettuali necessarie oggi per giungere davvero a una conoscenza in grado di creare arte?

Per riprendere quello che hai scritto sopra, in RAR i nodi sono rappresentati dalle parole chiave mentre le citazioni sono i legami, che potremmo chiamare le parole svolte – narrazioni esemplificative di uno stesso concetto che si muovono e raggiungono altri nodi. La dimensione digitale non è mai stata centrale, neanche nella composizione dei racconti, e questo perché il digitale si basa sulla sostituzione. Per individuare le parole chiave è necessaria la lettura del testo, e una ricerca tramite algoritmi o un mela f veloce, che sostituirebbero un’immersione nel testo, non permettono di imparare, di assimilare la parte tra le righe, che emerge con la comprensione.
Sulla lettura, possiamo dire che il modo è sempre quello del ricevente, un po’ come capita nelle traduzioni. Quanto è in grado di assorbire una persona da una lettura è insondabile a priori e soprattutto non ha una scadenza definita. Come molte attività, ingloba più tempo di quello che fisicamente viene impiegato per effettuarla. La scrittura, invece, fa un po’ paura. Senza addentrarci nei vari contesti sociali storici politici: scrittura a tastiera, agevolata, abbreviata, scrittura correggibile con la perdita dell’officina, emoticon, messaggi vocali che sostituiscono quelli scritti, chat con interlocutore definito, interlocutori plurimi o virtuali o sconosciuti hanno fatto sì che ci si allontanasse dalla norma, questo allontanamento ha portato a rimettere in discussione i parametri che la norma la reggevano, una norma esterna e che lavorava su una possibilità di comunicazione immediata. Cosa verrà dopo non lo vogliamo ipotizzare. 

Federica Patera-Andrea Sbra Perego_Tutte le ricette sono ripetizioni e si tratta_Stampa a caldo su tela di cotone cucita, spilli_40x35cm_2020.

Sempre Chartier mi aiuta anche ad aprire un altro fronte di analisi del vostro lavoro, quello del concetto di scrittura. Scrive lo studioso francese: «Le forme materiali dello scritto o le competenze culturali dei lettori impongono sempre dei limiti alla comprensione; ma, allo stesso modo, l’appropriazione è sempre creatrice, produzione di una differenza, proposizione di un senso possibile ma inatteso».
Se vogliamo RAR è un esempio di (ri)appropriazione del testo, prelevato dal suo ambito nativo, sconnesso dai suoi legami originari e dunque – forzando un po’ il concetto – potremmo dire riscritto (o rimediato secondo la definizione di Jay David Bolter), in vista di quel senso inatteso di cui parla Chartier. A questo proposito Walter Ong considera la scrittura una tecnologia mentre Kenneth Goldsmith parla di scrittura non creativa, ovvero: «una letteratura post-identitaria». Pensando al progetto RAR cos’è per voi la scrittura e come vi sembra stia reagendo al mutamento profondo e globale che dal punto di vista della testualità sta imponendo nostra contemporaneità?

Un pezzo della risposta lo trovi sopra, e la risposta resta incompleta; però, se è possibile fare un mix, verrebbe da dire che la scrittura segue un modello pre-identitario: ha una propria logica e questa logica non sempre arriva a coprire il reale. In RAR, al di là del messaggio – diciamo così –, le frasi vengono utilizzate come fossero parole: e le parole non hanno autore. Se io dico casa e tu dici casa, non ci stiamo citando a vicenda. Più che un significato inatteso, le frasi nei contesti differenti dei differenti testi o racconti si arricchiscono di dettagli e con esse si arricchiscono di dettagli anche le parole chiave. La scrittura, le parole, non sono esaustive, c’è lo spazio e il tempo (o nessuno dei due), e questo spazio e questo tempo possono essere chiamati anche il punto di incontro tra lettura e scrittura. 

Federica Patera – Andrea Sbra Perego: Via dell’ospedale psichiatrico 2, stampa a caldo su tela di cotone cucita, lana, tulle, legno, ferro, 44 x 74 x 19 cm, 2020.

Parallelamente al tema della scrittura e al suo remix, si muove quello dell’autorialità che Martino Feyles rappresenta a mio avviso assai chiaramente quando scrive che: «Se il potere dello scrittore consiste solo nel mescolare le scritture che lo precedono, l’autorialità si riduce – ma che questa sia veramente una riduzione è tutto da dimostrare – ad una post-produzione. Produrre significa allora selezionare, mettere in relazione, montare. L’autore non è un creatore, ma un montatore. Questa decontrazione del soggetti-autore ha come obiettivo polemico una delle idee fondanti dell’estetica moderna, l’idea del genio. […] La Critica della facoltà di giudizio è probabilmente il testo che segna la nascita dell’estetica moderna e il suo definitivo sodalizio con il paradigma romantico della genialità. Kant individua con chiarezza il tratto essenziale che distingue questo autore con la A maiuscola. Il genio deve essere originale, la sua creatività non è riconducibile al contesto che la precede perché ha il carattere dell’innovazione assoluta. Per questo il genio non imita e non riproduce, se mai è imitato ed è riprodotto».
Cosa ne pensate della tesi secondo la quale oggi (quasi) tutta la produzione artistica (e non) si può anche descrivere come un’infinita opera di remix e assemblaggio del ready made, ovvero del già pronto? E dove sta, come si sta evolvendo insomma, in tutto questo il concetto di autore?

Ribadire, prima di mescolare: gli esempi sono sempre possibili. Forse il genio è quello che scopre un dettaglio in più che ancora non era stato visto. E per risaltare, come dice Bolaño, ha bisogno di una banda di epigoni o di una massa indistinta in generale.
Il genio sta nel vedere le cose correttamente, nel comprenderle e udirle correttamente – e nell’agire secondo comprensione.

Federica Patera – Andrea Sbra Perego: Paesaggio immaginale (dettaglio1). Stampa a caldo su tela di cotone cucita, fili di lana, tulle, 400x200x70cm, 2017.

«C’è questo dilemma che lo spettatore sia importante tanto quanto l’artista. Ci sono due poli, l’artista e lo spettatore. Se non c’è uno spettatore allora non c’è arte, Giusto? L’artista che guarda la propria arte non basta. Ha bisogno di qualcuno che la guardi. Io do quasi più importanza allo spettatore che all’artista, perché non solo guarda, ma esprime anche un giudizio».
Così si esprime Marcel Duchamp in un libro tanto piccolo quanto utile per tentare almeno di capire cosa si muoveva nella mente del genio. In RAR, e per questo ho fin qua utilizzato il termine lettore/spettatore, chi si trova di fronte alle diverse opere è chiamato ad una parte attiva, creatrice come nella migliore tradizione della cosiddetta Arte Relazionale, co-partecipe dell’opera stessa che è data in forma di senso al pubblico che la traghetterà in luoghi imprevedibili e del tutto personali. Qual è il desiderio che riponete negli occhi e nella mente del lettore/spettatore che partecipa a RAR? Dove soprattutto finisce il vostro lavoro e inizia quello del pubblico?

Più che bisogno di qualcuno che la guardi, l’opera ha bisogno di staccarsi da chi la fa. Di non dipendere da chi la fa.
Spesso, attualmente, ma il processo è già attivo da tempo, l’opera veicola un codice non decifrabile senza l’artista: la dimensione arbitraria mette in primo piano la mente individuale, l’opinione, la fantasticheria, la biografia; è quasi voyeristico, l’approccio, per non dire elitario. Non stiamo dicendo che l’opera basandosi su codici universali debba essere di facile comprensione, stiamo dicendo che la possibilità di accedervi, a qualsiasi livello, deve essere esterna al suo autore, e ancora: che il livello emotivo non è il più alto, il significato emotivo/sensibile deve essere superato in arte.
Sul fatto che RAR promuova uno scambio continuo di ruoli, da lettore a scrittore, da ostensore a fruitore e viceversa, l’intento è quello di lavorare sul concetto di eternità: l’opera mantiene una potenza propulsiva e creativa rispetto a chi vi si avvicina – dove creativa vale fare dalla radice kṛ
कृ. E rispetto a questo meccanismo, l’analogia è uno strumento educativo preliminare. 

Federica Patera – Andrea Sbra Perego. Paesaggio immaginale (dettaglio2). Stampa a caldo su tela di cotone cucita, fili di lana, tulle, 400x200x70cm, 2017.

La parola Testo è un prestito d’epoca tardo medievale che proviene dal latino textus che a sua volta rimanda al concetto di tessuto. Texere infatti, come tessere una trama. Il textus è quindi in origine un prodotto fisico dalla produzione artigianale risultante dall’azione del tessere fili, dell’intrecciare. In tutto il progetto RAR sono presenti alcuni elementi di base quali il testo stampato, la carta, il filo, i nodi e gli spilli, che a mio avviso definiscono non solo la struttura della proposta, ma anche il suo specifico contesto fisico e materiale. Proprio il contesto, elemento che insieme agli altri di cui abbiamo parlato, concorre alla creazione del senso da parte del lettore/spettatore, rimanda ad un’estetica vintage, certamente distante dal mondo del digitale ma anche dal più tradizionale concetto di collage classico. Quali sono i motivi che vi hanno spinto ad utilizzare questi materiali così chiaramente riconducibili a un passato più o meno recente? Che significa per voi fissare gli elementi trapassando gli oggetti in una sorta di incisione – oserei dire di ferita – così evidente e manifesta in tutte le opere di RAR?

La scelta del materiale ha senz’altro un legame con il fatto che il tessuto e il testo abbiano un lessico comune; in seconda battuta, ma forse in maniera più pregnante, il tessuto è un elemento che caratterizza la dimensione nomade della vita, quindi la continua possibilità di movimento attraverso lo spazio (al contrario di materiali come l’acciaio il cemento che definiscono luoghi immobili). Questo movimento rispecchia ciò che caratterizza la voce, la parola: che richiede un approccio in successione (e non simultaneo come accade con qualcosa di statico), tipico della lettura (del canto), e dunque cadenzato da un ritmo – dal tempo.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, come dicevamo sopra, si tratta di una rappresentazione di un processo mentale. Una citazione tagliata via da una pagina, o una pagina divaricata, o un testo ribaltato che necessita di uno specchio per essere letto sono modi di raccontare uno stesso gesto – sempre perché gli esempi si moltiplicano, così come le narrazioni sono analoghe. Che si parli di risalire una corrente di un fiume o di passare da una sponda a un’altra o di disperdere le acque del fiume nel mare, il significato di fondo è lo stesso: è l’abbinamento con altre simbologie a dover essere coerente.  

Per concludere questa chiacchierata mi piace fare riferimento ad un ultimo termine, quello di Frammento. Mi riferisco in particolare al Frammentismo, movimento letterario che incarna una concezione della letteratura legata alle dottrine irrazionaliste e decadenti di inizio Novecento, che prevede la costruzione dell’opera letteraria non tramite un insieme organizzato di eventi e situazioni, ma tramite un mosaico di frammenti, di immagini e di episodi slegati fra loro. Tale poetica quindi, rifiuta subito il romanzo come forma espressiva e si caratterizza per la netta predilezione di componimenti brevi, espressione di un improvviso estro creativo.
Perché avete scelto come elemento di base del vostro lavoro proprio il frammento e quali sono le sue caratteristiche che vi hanno fatto scegliere questo tipo di elemento di partenza rispetto ad un corpus testuale più completo e organico?

Il lavoro di RAR ha come elemento fondante un archivio organizzato per parole chiave: sono le parole, che di per sé sono prive di autore, a reggere e ordinare le citazioni estrapolate dai diversi testi. Le frasi non sono tanto dei frammenti, quanto esemplificazioni condensate del significato della parola chiave che le guida. Ogni parola è di per sé un’ostensione, un nodo, per riprendere un termine che hai usato in precedenza, mentre le frasi sono narrazioni brevi che le congiungono. Prova a pensare a un punto che si allunga e diventa un segmento: questa è la relazione tra la parola chiave e la citazione. I testi dei racconti che fanno parte di RAR sono gli elementi organici e ribadiscono la possibilità di utilizzare una frase come una parola: cioè al di là di un diritto d’autore. Così come la parola casa appartiene a testi differenti, una stessa frase si incardina in testi differenti mantenendo un alone di significato che gli permette di inserirsi in ambientazioni specifiche ed esemplificative definite di volta in volta dal racconto. Tanto è vero che all’interno di RAR una stessa frase è possibile venga utilizzata in più racconti. Questo intreccio è ciò che sta alla base della mappa primigenia di RAR, in cui i racconti sono strade e vie che hanno snodi in comune. 

Federica Patera – Andrea Sbra Perego: RAR Paesaggio Immaginale II. Stampa a caldo su tela di cotone cucita, fili di lana, tulle, legno, 100x80x15cm, 2018.

Infine, riallacciandomi alla domanda precedente sul concetto di frammento, faccio mie le parole utilizzate da Cristina Baldacci nel suo Archivi impossibili in cui scrive che: «Per un fare arte che nel corso del XX e XXI secolo si è precisato sempre più come appropriazione, post-produzioni, pratiche del montaggio e del remix – intese anche come bricolage, ibridazione e meticciato –, e che ha guardato moltissimo al frammento come dato reale da cui ripartire, collezionare e archiviare sono diventati gesti artistici fondamentali». A questo proposito quali pensate possano essere gli sviluppi ulteriori della pratica artistica così come descritta dalla Baldacci, nata con il Postmoderno e oramai divenuta un processo creativo universale?

Per tornare un secondo al frammento e al trattare una frase come se fosse una parola: una parola da sola non è un frammento, ha un significato suo; idem se la frase è un esempio del significato della parola chiave. Dopo un estremo materialismo si è passati ad un estremo concettualismo, che invece di essere un’astrazione e dunque una condivisione si è tramutato in un’esemplificazione arbitraria di elementi astratti in quanto legati a sfere biografiche individuali impossibili da possedere a livello comunitario, a meno che non si verifichi il distaccamento dall’autore – o dalla sua firma. Sebbene la dimensione religiosa in quanto comunione abbia perso il suo appeal, l’individuo esposto cerca di riproporre la stessa partecipazione religiosa, ma calibrata individualmente, il che ha qualcosa di vagamente egocentrico. L’universale che dici tu è più simile al termine moda, o sofisticando a filosofia, intesa come sistema (individuale o di un gruppo o di un periodo) di pensiero. Passerà come è passato il resto e la storia annoterà per non far dimenticare quello che altrimenti sparirebbe, perché compete, come sopra, a una dimensione mortale – quella individuale. La miriade di per me è questo, per me è quello è contraria a un valore universale; si basa sul sentire, ma il livello della piacevolezza, come sopra, è quello più elementare.  



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24.01.2022