Negli anni ’40 e ’50, il mercato delle riviste pulp americane pullulava di pubblicazioni dal tono scanzonato, audace e sfacciatamente frivolo. Flirt Magazine si collocava perfettamente in questo panorama: una rivista per adulti, ma con un’aria di maliziosa innocenza, dove l’erotismo si mescolava con un’estetica da cartolina illustrata e un umorismo che oggi definiremmo ingenuo, se non addirittura surreale. Era il regno delle “high-heel cuties” e delle showgirls che sfoggiavano un’allure patinata, sempre sul sottile confine tra la sensualità e la parodia.


Flirt magazine, giugno 1951

Graficamente, Flirt sfruttava un mix di illustrazione e fotografia, adottando uno stile visivo che combinava l’eleganza del pin-up con il dinamismo delle riviste scandalistiche dell’epoca. I colori pastello delle copertine contrastavano con l’uso audace del rosso e del nero nelle pagine interne, creando un effetto volutamente teatrale. Le immagini, spesso ritagliate e giustapposte in composizioni giocose, suggerivano una sorta di montaggio cinematografico – quasi un precursore del pop-art collage che esploderà qualche decennio più tardi. La tipografia, anch’essa irriverente, alternava eleganti corsivi a caratteri bold in stile giornalistico, enfatizzando giochi di parole e doppi sensi con una spavalda ironia.




A firmare le illustrazioni di molte copertine era il prolifico Peter Driben, artista pin-up dal tratto inconfondibile, che con le sue figure morbide e iperfemminili contribuì a definire l’estetica dell’epoca.

Negli anni ’30 e ’40, Driben lavorò per numerose pubblicazioni, tra cui Titter, Wink, Beauty Parade e Flirt, contribuendo a definire l’estetica della pin-up pre-bellica e post-bellica. Le sue illustrazioni si distinguevano per il senso dell’umorismo e la capacità di giocare con il vedo-non-vedo, una combinazione perfetta per il pubblico maschile dell’epoca. Le sue ragazze erano esageratamente femminili, spesso in pose scherzose o in situazioni imbarazzanti, ma sempre con un tocco di eleganza e una sottile ironia.

Per la parte editoriale, il nome di Robert Harrison, geniale creatore di Whisper e Titter, aleggia dietro molte di queste pubblicazioni, ma gli effettivi team di redattori e designer restano spesso avvolti nell’anonimato delle produzioni industriali di massa.




Se oggi sfogliare Flirt provoca un sorriso, è perché incarna perfettamente l’ottimismo di un’America in pieno boom economico, dove il sexy era ancora sinonimo di giocoso, e la trasgressione si misurava in centimetri di gonna sollevata piuttosto che in scandali veri e propri. Un’epoca in cui bastava un paio di tacchi a spillo, uno sguardo civettuolo e un titolo ammiccante per vendere sogni (e qualche copia in più).