Art Nouveau, Jugendstill, Art Deco… questi sono alcuni termini che di solito associamo non solo a un particolare periodo della storia della grafica – l’inizio del XX secolo e la conseguente età del jazz degli anni Venti – ma anche a luoghi specifici di città quali Parigi, New York, Vienna o Weimar. In questo giro del mondo però, azzardo a sostenere che a nessuno di voi è in mente di pensare a Rio de Janeiro.
Ciò potrebbe essere causato da alcuni pregiudizi radicati che vedono spesso la cultura alta abitare esclusivamente in Europa o in Nord America, ma non voglio crederlo.
Spesso infatti, quelle che un tempo sono state le colonie, hanno saputo sviluppare un proprio specifico punto di vista, un’originale rivisitazione indigena, degli stili e dei movimenti artistici nati nel vecchio continente.
Il Brasile, inoltre, ha visto però anche un proprio movimento di rinnovamento e riscoperta dell’arte moderna che si batteva per una sensibilità tipicamente brasiliana pur rimanendo in stretto contatto e influenza reciproca con l’Europa e gli Stati Uniti.
Il movimento nasce nel 1922, anno in cui cade il centenario dell’indipendenza della nazione sudamericana dal Portogallo.
Per celebrare l’evento, alcuni artisti di San Paolo organizzano la Semana de Arte Moderna, sette giorni in cui, scrive la BBC
hanno costruito, destrutturato, eseguito, scolpito, tenuto conferenze, letto poesie e creato alcune delle opere più
avanguardiste mai viste in Brasile.
Il 1922 è anche l’anno in cui J. Carlos (José Carlos de Brito e Cunha), artista, illustratore e grafico nato a Rio de Janeiro nel 1884, assume la direzione di una rivista destinata a rimanere nella storia dell’editoria e della grafica, ovvero Para Todos.
Fondata nel 1918, la rivista inizia come un magazine sul cinema e infatti tutte le sue prime copertine presentano foto di star di quella che viene considerata la settima arte. Ma nel 1926, proprio Carlos, già conosciuto in patria come un grande talento del design grafico e dell’Art Déco brasiliana la cui prima opera era stata pubblicata già nel 1902 sulla rivista Tagarela, inizia a disegnare le illustrazioni di copertina e continua a farlo per i successivi quattro anni, oltre a disegnare migliaia di cartoni animati e scrivere opere teatrali e testi di musica samba.
Il suo lavoro risente chiaramente dell’influenza culturale europea e americana, ed in alcuni (tristi) esempi, evidenzia addirittura il suo allineamento al genere allora molto in voga delle caricature a sfondo razziale.
José Carlos introduce però anche alcuni elementi specifici della cultura brasiliana che appaiono quasi proto psichedelici – qualcuno può pensare, per esempio, a certe copertine della band carioca Os Mutantes ma in chiave età del jazz.
Artista quanto mai prolifico, Carlos collabora al design e all’illustrazione di tutte le principali riviste brasiliane dagli anni Venti agli anni Cinquanta. Magazine quali O Malho, O Tico Tico, Fon-Fon !, Careta, A Cigarra, Vida Moderna, Eu Sei Tudo, Revista da Semana e O Cruzeiro. In tutto, si stima abbia lasciato oltre 100.000 illustrazioni.
La leggenda narra addirittura che fosse così attaccato all’arte e alla cultura brasiliane da rifiutare l’offerta di lavoro di Walt Disney per cui negli anni Trenta ha illustrato – primo brasiliano a farlo – un numero di Topolino, proposta che lo avrebbe costretto a trasferirsi a Hollywood.
In un articolo dedicato a Carlos, Steven Heller su Print magazine descrive il lavoro di Carlos come:
un incrocio tra Aubrey Beardsley e John Held Jr., con le esili flapper simili a bambole, le figure allungate e elfiche e gli intricati motivi a ragno.
Ma Carlos cerca di affrancarsi dall’estetica tipica europea e americana inseguendo un proprio stile personale che estende le sue influenze sia nella già citata grafica psichedelica degli anni Sessanta, ma anche oltre, fino ai giorni nostri come dimostrano alcuni lavori di recupero del suo lavoro fra cui l’interessante tesi universitaria dal titolo J. Carlos: Um Lápis Apontado para Todos di Renan Goulart.
Nel 1950, mentre sta discutendo con il suo amico musicista João de Barro, noto come Braguinha, dell’imminente uscita del disco di cui ha appena terminato di illustrare la copertina, J. Carlos viene colto da un ictus cerebrale e muore due giorni dopo.
Nel numero di ottobre della rivista O Careta compare l’ultimo contributo di J. Carlos.