Quella che vi presentiamo oggi è una rivista che, a dispetto della sua rilevanza storico-politica rivestita negli anni Settanta degli Stati Uniti d’America, in Italia rimane ancora oggi quasi del tutto sconosciuta.
Il contesto storico in cui nasce è quello del post controcultura, quando cioè la ventata di utopico cambiamento rivendicato dai giovani statunitensi (e non) si è oramai incrinato lasciando dietro di sé una scia a cui ognuno di coloro che avevano cavalcato il sogno di un’America diversa, tenta di dare una propria forma e interpretazione. Una di queste interpretazioni, forse la più irriducibile e politicamente scorretta, proviene dall’esperienza del collettivo chiamato Weather Underground.
L’organizzazione militante di sinistra radicale le cui prime azioni risalgono al 1969, nasce all’interno del campus universitario di Ann Arbor, Università del Michigan originariamente con il nome di Weathermen, nome preso da una strofa della canzone Subterranean Homesick Blues di Bob Dylan (1965) in cui il menestrello di Duluth, Minnesota, sostiene che «Non hai bisogno di un meteorologo per sapere da che parte soffia il vento.»
Il nome Weathermen appare per la prima volta in un documento ciclostilato e distribuito il 18 giugno 1969 durante una convention dello Students for a Democratic Society (SDS) a Chicago. In questo documento si sancisce la nascita del collettivo che, fra le sue rivendicazioni riportava richiedeva la volontà di creare un movimento «combattente bianco» capace di allearsi con il Movimento di liberazione nero e altri gruppi radicali (1) per ottenere “la distruzione dell’imperialismo USA e formare un mondo comunista senza classi.»
Ufficialmente conosciuto come Weather Underground Organization (WUO) a partire dal 1970, l’obiettivo politico del gruppo divenne ben presto quello di creare un partito rivoluzionario in grado di rovesciare il sistema capitalistico del governo americano utilizzando tutte le strategie utili a questo scopo. A questo riguardo è evidente l’influenza di molti degli esponenti del gruppo, della figura di Louis-Auguste Blanqui (1805 – 1881), rivoluzionario, attivista e politico francese, meglio conosciuto con il soprannome Il Recluso, per aver trascorso complessivamente trentasei anni e cinque mesi in prigione, considerato uno degli esponenti di spicco del socialismo utopistico.
Non tralasciando di sottolineare come le azioni del gruppo si dimostreranno tanto violente e estreme quanto non incisive per l’obiettivo prefissato, quello su cui focalizzerò l’attenzione è l’utilizzo dell’editoria e della stampa attraverso una numerosa produzione di fogli e volantini, ma soprattutto di due pubblicazioni in cui si è tentato di definirne l’impianto teorico pratico: il libro Prairie Fire: the Politics of Revolutionary Anti-imperialism(*) e la rivista ufficiale del movimento: Osawatomie.
Prairie Fire era sostanzialmente il manifesto politico di 188 pagine pubblicato dal gruppo nel 1974. Scritto principalmente dal gruppo fondatore del movimento formato da: Bill Ayers, Bernardine Dohrn, Jeff Jones, Celia Sojourn e Mark Rudd già leader dell’occupazione della Columbia University(2), il testo tentava di articolare l’ideologia radicale del gruppo dichiarando apertamente di appoggiare la violenza rivoluzionaria.
Il nome del manifesto deriva dagli scritti del rivoluzionario comunista cinese, Mao Zedong che nel suo Libretto rosso, aveva scritto parlato della rivoluzione sostenendo che: «una sola scintilla può accendere un incendio nella prateria.»
Il libro, e di conseguenza l’intera ideologia del gruppo, mostrava le influenze non solo della filosofia maoista, ma anche di quella marxista/leninista. Il manifesto vedeva la risposta alla «dittatura del capitale» in un mix di organizzazione politica di massa e di violenza rivoluzionaria clandestina. «Non dissociare mai la lotta di massa dalla violenza rivoluzionaria”, si legge nel libro, “lasciare che anche e soprattutto le persone impreparate e marginali partecipino alla lotta contro lo stato.» Prairie Fire è stato distribuito nelle librerie alternative e nelle cooperative alimentari molto diffuse negli anni Settanta, negli Head Shop (3), nei campus universitari e in molti altri luoghi in cui si incontravano gli attivisti del movimento.
La radicalità di Prairie Fire e soprattutto gli obiettivi da perseguire anche attraverso l’uso di strategie violente, portò a una scissione con alcuni che decisero di staccarsi ed entrare nel nuovo Prairie Fire Collective, che si distingueva dal nucleo originario per una vocazione alla politica rivoluzionaria soprattutto internazionale e quindi da attuare anche oltre i confini degli Stai Uniti d’America.
Osawatomie era invece una rivista periodica con sede formale a Boston che inizia a circolare nel marzo 1975 e che sarà distribuita tramite i circuiti indipendenti del movimento, per sei numeri fino al giugno-luglio 1976. Nasce come pubblicazione trimestrale, ma dal numero di aprile/maggio 1976 la sua frequenza diventa bimestrale.
Dopo la pubblicazione di Prairie Fire: the Politics of Revolutionary Anti-imperialism, la Weather Underground Organization continua a vedere nella presenza mediatica un metodo di lotta e la rivista ne è l’esempio più importante.
Il primo numero di Osawatomie fa la sua comparsa nel marzo 1975 con l’idea che uno strumento editoriale potesse dare all’organizzazione una posizione di leadership all’interno del tumultuoso universo della cosiddetta New Left americana.
Il titolo è un tributo alla figura di John Brown, un abolizionista bianco che, nel 1856 proprio nella cittadina di Osawatomie in Kansas, guidò un piccolo gruppo di soldati volontari contrari alla schiavitù in una lotta armata per impedire che proprio lo stato del Kansas diventasse uno stato schiavista. La controversa figura di Brown divise l’opinione pubblica e smosse gli intellettuali dell’epoca come dimostra la lettera aperta che Victor Hugo, dal suo esilio nel Guernsey, scrisse nel tentativo estremo di salvarlo dalla condanna di impiccagione e che fu pubblicata dalla stampa di entrambi i lati dell’Oceano Atlantico con le seguenti parole:
«Visto in prospettiva politica, l’omicidio di John Brown sarebbe un peccato imperdonabile. Genererebbe nell’Unione una crepa aperta che condurrà alla fine alla sua completa distruzione. È possibile che l’esecuzione di Brown consoliderà la schiavitù in Virginia, ma è certo che scuoterà l’intero tessuto della democrazia americana. Vi salvate dalla vergogna, ma avete rinunciato alla gloria. Visto in prospettiva morale, mi sembra che una parte della luce umana sarà spenta, e che le nozioni di giustizia e ingiustizia saranno oscurate nel giorno in cui si assisterà all’assassinio dell’Emancipazione ad opera Libertà. (…)
Fate sapere all’America, e che ci rifletta su bene, che c’è qualcosa di più spaventoso di Caino che uccide Abele, ed è George Washington che uccide Spartaco.»
Insieme al già citato Auguste Blanqui, proprio John Brown era un simbolo a cui mostrarsi affini per dimostrare una volta di più la propria appartenenza a una tradizione antirazzista militante bianca che vedeva nella lotta armata l’unica forma di resistenza all’oppressione ed a cui, proprio Brown si riferì poco prima di morire nel suo ultimo discorso: «Io, John Brown, sono abbastanza sicuro che i crimini di questa terra colpevole non saranno mai eliminati se non con il sangue. Mi ero, come ora penso, fino ad oggi vanamente lusingato che si sarebbe potuto verificare senza troppo spargimento di sangue.»
Ogni numero di Osawatomie includeva editoriali, recensioni di libri, una sezione denominata Toolbox in cui venivano analizzati alcuni aspetti teorici dell’ideologia del movimento tentando di rivisitarli nella pratica di lotta quotidiana e notizie su altre lotte antimperialiste in tutto il mondo. Ogni numero includeva anche una sezione Who We Are che forniva una breve storia della WUO in cui l’Organizzazione rivendicava la responsabilità di oltre 25 azioni armate contro il nemico ovvero il governo degli Stati Uniti.
Sempre nella sezione Who We Are venivano anche delineati i cinque punti chiave del programma WUO che includeva:
1 – l’eliminazione dell’imperialismo USA dal Terzo Mondo;
2 – la pace, opponendosi alla guerra imperialista e all’intervento USA;
3 – combattere il razzismo costruendo una base antirazzista tra la classe operaia e sostenendo l’autodeterminazione dei popoli oppressi;
5 – lottare per la libertà delle donne contro il sessismo e per il socialismo organizzando la classe operaia.
La rivista era stampata in una nuova tipografia sempre a Boston che includeva una camera oscura e strutture per la produzione di lastre. Tale produzione avveniva, così come era stato per Prairie Fire, clandestinamente. A differenza però della tipografia situata in un appartamento dove era nato Prairie Fire, la nuova tipografia si trovava all’aperto e, per impedire ai vicini di scoprire la vera (clandestina) natura della tipografia, venne pubblicizzata l’attività di una piccola agenzia di viaggi che aveva una propria macchina da stampa.
Ogni numero della rivista comprendeva dalle 28 alle 32 pagine, costava tra i 25 ei 50 centesimi (comprese le spese di spedizione) ed era distribuito a testate giornalistiche, attivisti e abbonati.
Come pubblicazione della WUO, Osawatomie ha prestato poca attenzione agli attentati che sono stati attribuiti al gruppo mentre ampio spazio è stato dato al tentativo di organizzare un movimento di massa.
Da un punto di vista di linea editoriale, Osawatomie utilizzava ogni tipo di contenuto. Nelle sue pagine vennero infatti riportati i cosiddetti Fatti di Boston del 1975 (4) sul problema del razzismo nella scuola e nel trasporto pubblico con tanto di reportage di alcuni infiltrati del WUO all’interno dei gruppi di estrema destra. Osawatomie ha coperto anche le lotte dei lavoratori agricoli in California, la guerra civile in Angola con il sostegno al Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), e altri movimenti anticolonialisti sparsi in tutto il mondo. Il primo numero conteneva infatti un articolo bilingue sui prigionieri politici portoricani mentre, nel numero cinque cosi leggeva una Lettera aperta ai lavoratori americani scritta da Bernardine Dohrn, allora «primo segretario» della WUO.
Altri temi centrali della rivista erano il carcere, l’economia, le condizioni carcerarie, quelle del lavoro e anche quello della condizione femminile come si nota nel numero due, la cui copertina raffigurava Ho Chi Minh (4) e includeva un lungo contributo proprio sulla condizione delle donne nel mondo del lavoro.
In generale si può sostenere – così come per gran parte delle riviste dei movimenti controculturali – che anche Osawatomie fosse un prodotto editoriale che si basava su punti di vista contrastanti. Per Bernardine Dohrn, componente del nucleo originario del gruppo, la rivista era un modo per ridare energia al movimento in generale mentre per altri è stato un cambiamento significativo nella comunicazione del movimento che si allontanava dai movimenti del Terzo mondo per concentrarsi sulla realtà americana. Per alcuni la rivista è stato un tentativo di proporre una nuova cultura politica che favorisse uno sviluppo ulteriore rispetto agli attentati.
Con il suo sesto e ultimo numero, Osawatomie portò a galla tutte le diatribe interne alla stessa WUO. A dimostrazione del continuo flusso di idee e ripensamenti, scontri e proposte, basti notare che fra i punti del programma della WUO elencati nella sezione Who We Are si era passati dalla «lotta contro l’imperialismo» a quella della «lotta di classe» e dall’organizzazione di un «movimento bianco contro l’antirazzismo» all’organizzazione di una «classe operaia multirazziale.»
Quello che viene solitamente visto come un limite delle riviste della galassia underground, rappresenta invece a mio avviso proprio uno dei tratti distintivi e di maggior interesse. La moltitudine di punti di vista, espressi talvolta in modo confusionario e a prima vista incoerente è infatti qualcosa di tipico dell’editoria libera; potremmo arrivare a sostenere che sia la sua ragion d’essere. Non è infatti un limite ma la sua ricchezza e ne fa, una volta di più, il motivo per cui, anche a distanza di decenni, la lettura e la visione di questi prodotti riesce a far emergere punti di vista altri e maggiormente aderenti alle consuetudini degli appartenenti al WUO. Uno specchio non mediato della realtà.
Nel 1976, con lo scioglimento della Weather Uunderground Organization, anche Osawatomie cessò le pubblicazioni.
Per chi fosse interessato, si segnala la riproduzione dell’intera raccolta dei numeri di Osawatomie – integrata dal primo volantino in cui compare il nome Weathermen – ad opera della cooperativa francese Batt Coop e che potete acquistare QUA.
- (*) Il libro Prairie Fire: the Politics of Revolutionary Anti-imperialismsi può visionare interamente QUA.
- Il numero due di Osawatomie con il contributo sulla condizione femminile è interamente disponibile QUA.
- Berger, Dan (2006). Outlaws of America: The Weather Underground and the Politics of Solidarity. AK Press, p.95.
- Le vicende dell’occupazione della Columbia University sono riportate nel libro Fragole e sangue: diario di uno studente rivoluzionario di James Simon Kunen da cui è tratto l’omonimo film del 1970 diretto Stuart Hagmann.
- Per Head Shop si intende a partire dagli anni Sessanta, solitamente quelle attività di commercio al dettaglio specializzate nella vendita di accessori legati al consumo di cannabis, erbe e droghe leggere, nonché come oggetti che rimandano alla controcultura come riviste, musica, abbigliamento e arredamento.
- Le attività per la desegregazione delle scuole pubbliche di Boston coprirono un periodo compreso tra il 1974 e il 1988, in cui le scuole pubbliche della città furono poste sotto il controllo del tribunale per tentare di superare i numerosi atti di razzismo a cui gli studenti di colore erano soggetti. Questo tentativo portò i gruppi di estrema destra a una serie di proteste e rivolte che attirarono l’attenzione nazionale. Dopo l’emanazione del Racial Imbalance Act del 1965, che ordinava il superamento di ogni forma di discriminazione razziale nelle scuole e nei trasporti pubblici cittadini, la Corte Distrettuale degli Stati Uniti elaborò una serie di controlli per monitorare l’effettiva attuazione del piano di desegregazione che durò per oltre un decennio.
- Ho Chi Minh è stato un rivoluzionario, politico e patriota vietnamita, Primo ministro del Paese dal 1945 al 1955 e suo presidente dal 1955 al 1969. Fondatore nel 1941 del movimento Viet Minh – Lega per l’indipendenza del Vietnam – nel 1945 traghettò il paese verso l’indipendenza, venendo acclamato presidente della Repubblica Democratica del Vietnam. Guidò il Vietnam del Nord, riconosciuto ufficialmente nella conferenza di Ginevra del 1954, durante la guerra del Vietnam fino al 1969, anno della sua morte.