Abbiamo parlato nell’articolo precedente della storia dell’Arbeiter-Illustrierte Zeitung, progetto editoriale che riuscì a tenere insieme le sfere della politica e quella dell’estetica attribuendo alle fotografie una funzione alquanto nuova e originale ai tempi della Repubblica di Weimar. Mentre in tutte le riviste del periodo le fotografie venivano solitamente utilizzate come semplici illustrazioni con l’unico scopo di decorare l’articolo e incuriosire il lettore, nelle pagine di AIZ testo e fotografie venivano combinati fra loro come prima di allora era stato fatto in una rivista, tanto più in una rivista politica.
Ovviamente la principale fonte di innovazione, colui che fece del proprio stile quello della rivista, fu John Heartfield, artista che adornava le pagine dell’AIZ quasi ogni settimana. Aprendo l’Arbeiter-Illustrierte Zeitung, gli articoli potevano essere letti come fotomontaggi nei quali le fotografie erano elementi che si costruivano l’una sull’altra. La fotografia, che mostrava solo elementi frammentari e assemblati fra loro, serviva a rappresentare specifici contesti sociali. Il montaggio di Heartfield funzionava come una autocorrezione della fotografia, come avrebbe poi affermato Theodor W. Adorno nella sua Teoria estetica. (1)

 

Adolf il superuomo: ingoia oro e dice idiozie

Adolf il superuomo: ingoia oro e dice idiozie

 

Blood and Iron

 

Il fotomontaggio creativo come mezzo espressivo e arma di propaganda
Tutto nasce da Dada.
Il movimento nacque, dunque, proprio per spazzare via l’accademia, il perbenismo della forma e i mille modi tradizionali e borghesi di fare arte e cultura. Era, appunto, il 1915 e gli squilli di guerra già stavano scuotendo l’Europa. Ed ecco, nel 1916
nascere il Cabaret Voltaire ad opera del regista teatrale Hugo Ball. Sono con lui Tzara, Hans Arp e HansRichter.
Vengono allestiti una serie di spettacoli dedicati all’arte russa, e francese, alle canzoni popolari, alle danze esotiche, poemi simultanei, jazz e provocazioni di ogni genere, C’è dentro molto futurismo e cubismo: insomma, vita, spettacolo, follia. Vengono subito stampate anche due riviste dadaiste: Cabaret Voltaire e Dada che ospitano dibattiti, insulti, poemi, fotografie di dipinti, collages, poesie astratte con il contributo diretto di Tzara, Arp, Picabia.

 

Cabaret Voltaire, 1916

 

Dada, 1916

 

Dada arriva anche a Berlino, la Berlino di Weimar e dell’AIZ, dove il nazismo stava cominciando a muoversi. I dadaisti berlinesi erano però molto più politicizzati rispetto al nucleo originario zurighese e conducevano straordinarie battaglie di classe su giornali e riviste. Dada a Berlino colpiva davvero dove doveva colpire in maniera concreta e specifica.
Intorno al Dada di Berlino lavoravano George Grosz, Francis Picabia e Bertold Brecht che già aveva fondato il suo teatro, il Berliner Ensemble e quel singolare e straordinario personaggio che era John Heartfield, il famoso fotomontatore dada.
È lui ad avere inventato il fotomontaggio politico, tagliando e incollando migliaia e migliaia di fotografie riprese da giornali e riviste o fatte appositamente scattare dai suoi amici o da operatori incaricati che lavoravano, in pratica, come sotto l’occhio di un regista.
Quello del fotomontatore, da Dada in cui era solo uno strumento provocatorio, diventò il dadaismo sociale tedesco che ebbe un incredibile impatto politico in tutta la Germania. Così Heartfield cominciò a realizzare copertine per libri, manifesti, mostre e venne processato decine di volte dalle autorità berlinesi per insulti al capo della polizia, ai parlamentari, al governo.
Sul periodico comunista AIZ venivano pubblicati i suoi lavori più famosi nei mesi e negli anni nei quali Berlino ribolliva, nelle gallerie d’arte, nei teatri, ma anche in piazza, tra mille speranze di rivoluzione e di ribellione. Ovunque nascevano collettivi culturali e scuole come il Bauhaus di Walter Gropius o il cosiddetto Novembergruppe, composto da un gran numero di artisti di sinistra che si rifacevano al Cubismo, all’Anarchismo, al Primitivismo, al Futurismo e al Costruttivismo. Una serie di ismi senza fine, ma tutti straordinariamente nuovi.
John Heartfield veniva da una famiglia di idee socialiste, aveva vissuti nella povertà, ma non si era mai scoraggiato. Era riuscito persino ad andare ad una scuola di arti e mestieri e si era messo poi a lavorare nell’ambito pubblicitario. Questo spiega la sua capacità, fin dall’inizio, di scrivere motti e sberleffi, di tagliare, creare slogan, battute e occuparsi di immagini. Lui, in realtà, si chiamava Helmut Herzfeld, ma aveva deciso di utilizzare ilnome d’arte John Heartfield per protestare contro la propaganda sciovinista tedesca che urlava sui giornali Dio punisca l’Inghilterra.
Heartfield aveva idee precise sulla fotografia. Sosteneva che la fotografia ingannava anche a prescindere dalle intenzioni del fotografo. Bastava guardare le fotografie propagandistiche a favore della guerra per capirlo. Poi aggiungeva: «Essa inganna perché il nostro occhio non è in grado di penetrare la realtà senz’altro, sulla base di una immagine momentanea quale è la fotografia. Occorrerebbe una scienza che neanche il migliore degli obiettivi potrebbe cogliere e produrre: conoscenza di cause ed effetti e conoscenze dei legami di questi con gli avvenimenti storici». Per spiegare ancora meglio Heartfield, diciamo che nei suoi fotomontaggi ha trasformato la fotografia da mezzo di comunicazione di impressioni, a mezzo di espressione ugualmente efficace, ma di inaudita potenza.

 

Dietro a me milioni

 

Montaggio ispirato al processo per l’incendio del Reichstag pubblicato da “AIZ” numero 32 del 1933

 

Ma riprendiamo a raccontare. Ecco che la polizia di Hitler spazzò lentamente via ogni libertà in Germania, arrestando e uccidendo. Gli intellettuali, i grandi scrittori, i pittori, i poeti, i grafici, i maestri delle grandi scuole come il Bauhaus, gli sperimentatori di ogni genere e tipo, partivano e si spostavano in tutto il mondo. Migliaia di altri, operai, sindacalisti, oppositori liberali e socialdemocratici, finirono in prigione o nei campi di sterminio. John Heartfield, insieme al fratello, proprietario di una piccola casa editrice, riuscirono a salire su un aereo diretto a Praga, appena in tempo e poco prima dell’arresto. Quando i nazisti occuparono anche Praga, John, con una corsa disperata, riuscì a salire sull’ultimo aereo diretto negli Stati Uniti. In America trovò immediatamente da lavorare con i suoi fotomontaggi e realizzò manifesti e copertine per libri dei più noti e conosciuti scrittori americani liberal.
Finita la guerra, il fotomontatore dada tornò a Berlino, nell’allora DDR, ossia nella Germania orientale dove riprese il suo lavoro esponendo i suoi fotomontaggi in gallerie e musei di tutto il mondo: da Mosca a Praga, da Parigi a New York, da Londra a Basilea, da Varsavia a Cracovia, da Budapest a Pechino a Shanghai.
Nel 1965, i fotomontaggi dell’artista tedesco, vennero esposti alla galleria di Roma Il fante di Spade.
I suoi lavori sul nazismo – anche in tempi come i nostri di computer e di Photoshop – conservano una straordinaria forza d’impatto visivo e politico. Una forza ottenuta soltanto con immagini, forbici e colla.
John Heartfield è morto Berlino, 26 aprile 1968.

 

Goering “acconciato” come il boia del Terzo Reich.

 

“Con tutte le loro contorsioni e le loro giravolte
pretendono ancora di dirigere la giustizia in Germania”.

 

“Questa è la salvezza che essi portano

 


 

  1. Theodor W. Adorno, Teoria estetica, Einaudi, Milano, 2021.