“Anch’io non vado indietro, non vado avanti ma preferisco fermarmi sui sessanta giorni che allora mi colpirono e colpirono in pieno la città (di Bologna) che dopo, certamente, non fu mai più come prima […]
La vera novità, a mio parere, la vera utilità non andata negletta nonostante tutto, fu la libertà ‘confusa’ ed esaltante della comunicazione alternativa; fu il linguaggio morbido e violentissimo, lacerante ed esaltante nei sentimenti e nelle idee, di quella comunicazione.
Senza mediazioni, occultamenti, travisamenti tradizionali della verità, l’informazione, direi la comunicazione costante e quasi sillabata di cui in quei giorni Radio Alice fu protagonista, si presentò in diretta nuda e cruda, col fascino tormentato e verginale della giovinezza.
Riuscì non dico a conquistare ma ad attirare anche il pubblico di altre parti politiche, sostituendosi alla latitanza, in ogni senso, delle comunicazioni ufficiali.
Incerte, sorprese e in qualche modo impaurite.
Proprio per tutto questo (lo ripeto, e a mio parere) che rappresenta comunque una vittoria dentro ad una sconfitta, quei giorni di marzo non si possono davvero accantonare.
Nelle memorie private e nella memoria in generale. Anzi, con un po’ di prepotenza necessaria, si fanno col passare degli anni sempre più un utile indispensabile luogo di riferimento e di riflessione”.
Gian Mario Anselmi
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