“La pantera è un animale che, se messo in un angolo, attacca.. ma non lo farebbe mai se non dovesse difendersi”
Emory Douglas

Ogni movimento rivoluzionario ha la sua arte grafica solitamente sorretta da colori accattivanti e slogan in abbondanza. È un genere, se così si può dire, così diffuso e utilizzato da essere diventato quasi un cliché, una forma di comunicazione che nel tempo si è evoluto soprattutto attraverso la pubblicazioni di giornali, volantini e poster.
Lo stesso sentiero è quello percorso dal Black Panther Party for Self Defense, i cui manifesti radicali e soprattutto il quotidiano rivoluzionario, The Black Panther Newspaper, hanno portato il messaggio dell’organizzazione in tutto il mondo. Tutto questo si deve essenzialmente alla figura di Emory Douglas, inventore dell’estetica Black Panther di cuci vi ho già accennato QUA.
Il quotidiano inizia le pubblicazioni come The Black Panther Community News Service riportando regolarmente gli innumerevoli episodi di brutalità della polizia proponendo la resistenza armata organizzata come parte della soluzione all’oppressione dei neri in America.

Emory Douglas

I fucili, le giacche di pelle nera e i berretti tipici possiamo già scorgerli con i fondatori del partito Huey Newton e Bobby Seale, ma l’estetica del movimento si deve tutta proprio a Douglas, che incontra Newton e Seale nel 1967, anno della fondazione del partito.
Negli anni Cinquanta e Sessanta la segregazione e il coprifuoco per i giovani neri è la normalità nella Bay Area come in tutto il resto del paese.
Douglas si avvicina per la prima volta al mondo della grafica durante un periodo di detenzione minorile presso la Youth Training School in Ontario, California, continuando poi a studiare la storia dell’arte e del design presso il San Francisco City College.
Ispirato dalle figure di Newton e Seale, viene nominato Ministro della Cultura del partito on l’obiettivo di educare e mobilitare le masse attraverso la creazione di immagini iconiche e rappresentanti il senso profondo della cultura nera.
La rivista The Black Panther Newspaper è uscita 1967 al 1980 diffondendo con capillare regolarità e ferma coerenza notizie e saggi critici scritti dai leader del partito, il tutto presentato con il contributo grafico di Douglas che negli anni utilizza una infinità di linguaggi grafici, dai cartoni animati ai collage fino alle illustrazioni.

The Black Panther
Marzo 1969

Al suo apice, dal 1968 al 1971, The Black Panther Newspaper è il giornale nero più letto in tutti Stati Uniti raggiungendo un picco di diffusione settimanale di oltre 300.000 copie e arrivando ad essere una valida alternativa ai settimanali mainstream anche più radicali. Tutto ciò nonostante i continui sforzi dell’FBI per chiudere il giornale e il partito attraverso minacce nascoste e continue denunce.

The Black Panther, n.16 marzo 1968.

I primi numeri sono organizzati in colonne e vengono realizzati con un sapiente utilizzo dei semplicissimi strumenti, come il leggendario Letraset, a disposizione della redazione che, nella pratica, consiste nel solo Douglas. Inizialmente la redazione è situata nelle case di chi poteva ospitare Emory e i suoi strumenti quali una immancabile macchina da scrivere, luci, colla, taglierino, righello e una serie interminabile di pennarelli.
Quasi tutti i numeri della rivista vengono stampati da Howard Quinn Printers, una vecchia stamperia di San Francisco i cui un aio di anni prima era stato stampato anche il leggendario San Francisco Oracle, la rivista più famosa della controcultura hippies di San Francisco.

The Black Panther, 21 settembre 1974.

L’idea alla base della rivista è di informare e educare le persone sulle questioni di base della comunità nera e di raccontare la storia dalla sua specifica prospettiva. Douglas, per tutto il periodo in cui ha prodotto la rivista, si può permettere solo un inchiostro a un colore oltre al nero e quindi, per ottenere l’estetica che ha in mente, così audace e iconica, inizia a imitare le incisioni su legno ma utilizzando pennarelli e penne, giocando con le ombre e utilizzando spesso il fotomontaggio
Per Douglas la priorità è quella di trasmettere il messaggio del partito in termini visivi estremamente chiari, una sfida decisiva per ogni artista rivoluzionario incaricato di comunicare a persone a cui è stata spesso negata un’educazione formale decente e che lui riesce a vincere inventandosi uno stile unico e ancora oggi immediatamente riconoscibile.

The Black Panther, 25 luglio 1970.

Al tempo la comunità afroamericana non è abituata a leggere con regolarità quindi è necessario per Douglas creare icone e immagini dal forte impatto visuale che riescano ad attrarre e invogliare a leggere e approfondire tematiche a volte anche impegnative.
Attraverso fotografie e brevi didascalie, evitando al massimo i saggi e gli editoriali lunghi e elaborati, Emory Douglas rappresenta le diverse realtà della vita nera senza condiscendenza o sentimentalismo, impregnando le sue figure di dignità e orgoglio. Insieme alla povertà, Douglas e le pantere nere, propongono un’esistenza alternativa a quella proposta dall’editoria mainstream quasi interamente dominata da bianchi e lontanissima dal rivendicare i loro interessi.

The Black Panther, giugno 7, 1969; Novembre 1, 1969; Marzo 13, 1971.

Combattendo una guerra su più fronti, contro la brutalità repressiva in patria e contro l’imperialismo all’estero, le Black Panther, l’arte di Douglas non si limita mai alla sola denuncia ma mantiene sempre viva una forte spinta propositiva di radicale cambiamento nutrita da una straripante speranza e persino gioia che viene celebrata nei disegni dai colori forti e nei collage sarcastici.
Oggi le Black Panthers sono forse un passato che ritorna, attualizzato, con il movimento Black Life Matters e Emory Douglas è ancora lì.

Manifestazione del movimento Black Life Matters, Washington, 2020.

Nel 2015, gli è stato riconosciuto l’American Institute of Graphic Arts Medal “per il suo uso impavido e potente del graphic design nella lotta delle Black Panthers per i diritti civili, contro il razzismo, l’oppressione e l’ingiustizia sociale”.

“Non è che l’arte sia venuta attraverso me o da me”, ha osservato nel 50 ° anniversario della fondazione del Black Panther Party . “Era un’interpretazione ed espressione collettiva della nostra comunità.”
Emory Douglas

Attraverso filmati d’archivio e conversazioni proprio con Emory Douglas in questo video viene approfondita la sua storia, insieme all’ascesa e alla caduta delle Black Panthers.

Emory Douglas: The Art of The Black Panthers