I manifesti dell’insurrezione del famoso Maggio parigino del 1968 comprendono alcune delle opere grafiche più brillanti che siano mai state associate a un movimento di ribellione sociale. A parte l’aspetto politico, è il design di queste grafiche ad essere interessante da studiare.
Queste vere e proprie opere d’arte contemporanee non sono banali decorazioni concepite per abbellire le pareti degli uffici, ma grafiche pensate per provocare in chi le guarda nuove consapevolezze che spingano all’azione.

© Bibliothèque nationale de France

Uno degli aspetti più interessanti di questo fenomeno è rappresentato dal fatto che molti di questi poster sono creazioni anonime oppure il risultato di collaborazioni spontanee tra studenti ribelli e lavoratori in sciopero. Ad oggi infatti sono molto pochi gli artisti a cui sono stati accreditate queste opere. Ma descriviamo un pò meglio il contesto di cui vi sto parlando.
Nella Parigi del 1968, esplode la frustrazione repressa per una povertà diffusa, per la dilagante disoccupazione, contro il governo conservatore di Charles de Gaulle e contro la guerra del Vietnam. Tutte queste eccitanti spinte verso una nuova concezione della società, danno origine a un movimento di massa per un profondo cambiamento culturale. Nel mese di maggio, lavoratori e studenti scendono in strada come un’onda senza precedenti di scioperi, manifestazioni e scontri urbani.

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Per darvi un’idea della dimensione del fenomeno, il 18 maggio 1968, sono circa 10 milioni i lavoratori in sciopero e tutte le fabbriche e le università di Francia vengono occupate. È proprio in questi giorni di turbinoso fermento che nasce l’Atelier Populaire.
Anche tutto il corpo studentesco della principale scuola d’arte di Parigi, l’Ecole des Beaux Arts è in sciopero e un certo numero di studenti si incontrano spontaneamente nelle aule dei corsi di incisione per produrre i primi manifesti della rivolta.
Il 16 maggio, gli studenti d’arte, i pittori esterni all’università ed i lavoratori in sciopero decidono di occupare in modo permanente la scuola d’arte al fine di produrre manifesti che avrebbero dovuto dare un supporto concreto al movimento degli operai in sciopero.
I poster dell’Atelier Populaire sono progettati e stampati in modo del tutto anonimo e distribuiti gratuitamente a chiunque li chiedesse. In breve tempo, queste grafiche compaiono un pò ovunque, sulle barricate, sui muri  e nelle case di tutta la Francia.

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Il titolo poetico di questo poster è La beauté est Dans La Rue, La bellezza è nella strada e non nei palazzi borghesi della cultura alta e distante dalle persone comuni. L’immagine raffigura un combattente di strada avvolto in un trench, che lancia un acciottolato verso le forze antisommossa, ma l’opera allude soprattutto a uno slogan al tempo molto popolare che era sous les pavés, la plage, cioè sotto le pietre del selciato, la spiaggia.

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Quando la polizia antisommossa francese carica nelle università e nei luoghi di lavoro occupati, la ribellione diventa violenta. La brutalità della polizia è così pesante che molti si uniscono agli scioperanti per protestare contro la violenza della polizia. Il poster sopra è la risposta artistica agli assalti selvaggi della polizia e l’immagine agghiacciante e senza titolo appare sui muri di Parigi.
L’uso della grafica nei manifesti iconici dell’Atelier Populaire per protestare contro il capitalismo e l’imperialismo rimandano paradossalmente allo stile pop americano. Nella Francia degli anni Sessanta infatti, la pop art americana è in gran parte percepita come una provocazione neo-dada, un attacco alla tecnica pittorica classica attraverso immagini dei mass media appartenenti alla più tipica società dei consumi.
Sebbene alcuni critici francesi ne abbiano sottolineato l’importanza in ambito artistico, la maggioranza della critica francese e non, si mostra critica verso la meccanizzazione della tecnica pittorica tipica della pop art e questi attacchi oscurano in parte l’impatto politico delle immagini e soprattutto la sprezzante sfida a tutte le gerarchie estetiche dell’arte con la A maiuscola.
Il dibattito sulla produzione dell’Atelier Populaire e sul contenuto dei manifesti derivano dalla dialettica fra la pop art ed i canoni del realismo moderno, mettendo in evidenza i limiti politici delle tecniche artistiche tradizionali come la pittura a cavalletto nell’era dei mass media.

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I graffiti, i cartoon politici, i canti di protesta e i manifesti sono dimostrazioni vive di quanto e come la creatività e il fervore artistico sono stati trasformati dall’esigenza politica. L’arte ha riempito il vuoto lasciato dalla cultura ufficiale e dai mass media durante gli scioperi occupando i canali di comunicazione e imitandoli nella forma se non nel contenuto.

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Secondo la storica della cultura Kristin Ross, la velocità degli eventi in corso ha sfidato gli artisti e messo fuori gioco i tradizionali mezzi di produzione e stampa che non riescono a seguirne gli sviluppi in diretta.

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Usines, Universités, Union, Fabbriche, Università, Union, è il primo poster litografico prodotto in una tiratura di trenta copie e sottolinea l’unità tra lavoratori e studenti. Le U in grassetto sul lato sinistro del poster sono in scala uniforme, mentre le lettere rimanenti delle tre parole assumono caratteri diversi. Il corsivo in Universités suggerisce uno scarabocchio di lavagna e si distingue dalla stampa più piccola di Usines e dalle lettere a blocchi più grandi di Union. Le stampe sono destinate alla vendita nelle gallerie vicine e il ricavato deve sostenere studenti e lavoratori in sciopero.
L’artista Gérard Fromanger racconta che: “l’idea era di portare i manifesti in una galleria per venderli, ma non siamo riusciti a camminare per i dieci metri di strada necessari prima che gli studenti li afferrassero e li incollassero per strada. Abbiamo capito subito che era l’idea giusta e tornammo rapidamente di sopra a stampare”.
Ogni sera i disegni dei poster vengono presentati in forma anonima per il dibattito e votati in base alle domande “Il messaggio politico è corretto?” oppure “Il poster trasmette bene questa idea?”

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Il manifesto dell’Atelier Populaire riprende chiaramente le denunce del Salon de la Jeune Peinture, uno dei saloni di pittura di Parigi che promuove anche le attività del collettivo di pittura politicizzata organizzato dagli artisti Gilles Aillaud, Eduardo Arroyo e Antonio Recalcati. La loro è una fortissima critica all’autonomia estetica, alla creatività e all’individualismo borghese operante in una crisi politica come quella in atto.

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I critici hanno descritto l’uso della serigrafia all’Atelier Populaire nel maggio 1968 come un’anomalia, perché la tecnica è poco usata dagli artisti e non è insegnata all’École des beaux-arts. Tuttavia, la serigrafia non è estranea alla storia dell’arte francese, poiché l’esercito americano ha introdotto questa tecnica come strumento per etichettare le attrezzature dopo la liberazione dall’occupazione tedesca.
Al fine di facilitare la creazione di seminari di manifesti nelle fabbriche occupate e nelle province, l’Atelier Populaire distribuisce un testo che descrive in dettaglio le fasi del processo di stampa serigrafica che viene visto come il migliore per rispondere e dare forma agli eventi sociali e politici.

Il controllo statale dei media divenne presto un argomento esplicito dei manifesti e l’Atelier Populaire produce una serie di progetti che giustappongono proprio la televisione e il poster come strumenti di oppressione ed emancipazione.

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In Libérons l’ORTF, viene raffigurato un rivoluzionario completo di cappello frigio incarcerato dietro le sbarre.
In L’Intox vient à domicile
, la Croce doppia – simbolo della Resistenza – diventa un’antenna televisiva e di conseguenza uno strumento di propaganda.

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Quando gli scioperi entrano nella loro terza settimana e la stampa internazionale inizia a mostrare simpatia per i manifestanti, i poster sono oramai diventati oggetti ricercatissimi. Di fronte al sistema delle comunicazioni controllato dallo stato, i poster producono una loro narrazione alternativa come in Toute la presse est toxique (Tutta la stampa è tossica).

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Il Journal Mural, prodotto tra il 13 e il 21 giugno, è una pubblicazione alternativa prodotta sempre dall’Atelier Populaire per essere incollata sui muri oppure fatta circolare fra i manifestanti. In questo modo i manifesti, che finora sono stati stampati per comodità sui giornali forniti da lavoratori in sciopero, cambiano forma e contenuto.

Journal Mural, n.4 – © Bibliothèque nationale de France

Il primo numero risponde alla richiesta del primo ministro Georges Pompidou di fraternità tra i cittadini con un resoconto degli attacchi della polizia contro gli studenti e una richiesta per la formazione di una université populaire d’été – università popolare estiva – da organizzare nel parco. Questi giornali da parete accostano con un chiaro intento provocatorio, gli articoli dei media ufficiali con l’immediatezza della strada e l’osservazione di prima mano degli eventi.

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Il maggio 1968 ha rappresentato quindi l’estremo tentativo da parte di una parte della società di seguire il pensiero di Guy Debord e del Situazionismo in cui la vita e l’arte eliminano i loro confini e si fondono fino a diventare un’esperienza artistica tout court, creando cioè quella che il pensatore francese definiva La Situazione.