Una delle scoperte interessanti del 2020 è stata quella del Interference Archive, realtà con sede a New York, fondata nel 2011 da Kevin Caplicki, Molly Fair, Dara Greenwald e Josh MacPhee. Si tratta di un vero e proprio centro di documentazione contenente libri, stampe, dischi, video e editoria effimera – come la chiamano gli anglosassoni – come volantini, fogli volanti e pamphlet su le più importanti forme di controcultura dell’ultimo secolo come il Do it yourself, il punk, il movimento hippie, la sinistra radicale, ecc.
Come si legge nel loro sito, la missione di Interference Archive è quella di esplorare il rapporto tra la produzione culturale e i movimenti sociali attraverso il catalogo, pubblicazioni tematiche, un centro studi e eventi pubblici come mostre, laboratori, conferenze e proiezioni, che incoraggiano il coinvolgimento critico e creativo nei confronti della ricca storia dei movimenti sociali.
Dal 2011, Interference Archive ha organizzato 16 mostre e tenuto più di cento eventi pubblici notando una crescita esponenziale del seguito della comunità a ogni mostra e delle donazioni di materiale alla nostra collezione.
In quanto organizzazione di soli volontari, tutti i membri della comunità sono i benvenuti e incoraggiati a dare sostanza alla raccolta e alla programmazione di eventi. Interference Archive è uno spazio in cui tutti i volontari possono imparare gli uni dagli altri e sviluppare nuove competenze sia storiche che bibliografiche.
Nel maggio 2020 è scoccato il cinquantesimo anniversario del massacro dello Stato del Kent e dello Stato di Jackson che innescarono lo sciopero studentesco in tutti gli Stati Uniti. Con questo triste anniversario come punto di riferimento è nata la pubblicazione Walkout: A Brief History of Student Organizing, libro a colori di 96 pagine contenente poster, opuscoli, volantini, fanzine e altro ancora, riuniti per esaminare la portata più ampia dei movimenti studenteschi.
Basato sull’omonima mostra online di Interference Archive, Walkout: A Brief History of Student Organizing si concentra su come l’organizzazione studentesca è riuscita a emergere nell’era post-seconda guerra mondiale e su come sia velocemente divenuta una delle tante modalità attraverso la quale le generazioni del dopoguerra potevano partecipare al dibattito pubblico e soprattutto esprimere tutta la critica nei confronti dei sistemi esistenti.
Organizzata per decennio, la mostra e il libro si concentrano sull’organizzazione degli studenti negli Stati Uniti, ma tentano di dare uno sguardo più ampio al contesto globale delle proteste studentesche che contemporaneamente si sviluppano anche in Francia, Brasile, Giappone, Messico e Canada.
Si tratta di un testo necessario – acquistabile QUA – per capire le dinamiche con cui è nato il movimento studentesco americano negli anni Sessanta che videro la nascita di gruppi come lo Student Non-Violent Coordinating Committee, lo Students for a Democratic Society e il Free Speech Movement di Berkeley di cui mi piace ricordare le parole di Mario Savio, pronunciate dal tetto di un auto durante alcuni scontri con la polizia durante le proteste contro l’ingerenza dei militare all’interno delle attività del campus:
“Noi siamo esseri umani!
Arriva il momento in cui il funzionamento della macchina diventa così odioso, fa così male, che non puoi più farne parte, nemmeno passivamente.
Bisogna mettere i nostri corpi in mezzo alle ruote, agli ingranaggi, alle leve e fare in modo che si fermino. E bisogna dire chiaramente a chi le gestisce, a chi ne è padrone, che fin quando non saremo liberi sarà impedito alla macchina di funzionare”.