Uno dei libri che più mi ha incuriosito negli ultimi mesi e che mi ero riproposto di presentarvi è senz’altro Pschedelitypes, libretto uscito oramai 3 anni fa in occasione del 90° compleanno del grande Ed Benguiat, nato il 27 ottobre 1927.
La copertina non include i suoi caratteri tipografici – l’immagine riportata sotto il titolo è l’Arabesque di Dave Davison – ma all’interno contiene un meraviglioso e preziosissimo compendio dei caratteri tipografici degli anni Sessanta.
Le lettere utilizzate nei manifesti del Fillmore di Victor Moscoso e del recentemente scomparso Wes Wilson a partire dal 1967 sono state una chiara ispirazione per la serie Pyschedelitypes.
La collezione Pschedelitypes è una delle tante brochure a tema pubblicate da Photo-Lettering, Inc.
PLINC, come era affettuosamente nota a tutti i principali direttori artistici del periodo, è stata un pilastro dell’industria della pubblicità e del design a New York City dal 1936 al 1997.
Ciascuno carattere ideato o analizzato da PLINC necessitava di più di 200 ore per essere completato, originariamente disegnato a mano con penna e inchiostro da esperti type designers.
Questi alfabeti erano originariamente esposti su lastre di vetro, mentre successivamente si passò alla pellicola.
Questo opuscolo, pubblicato immediatamente a ridosso dell’esplosione del movimento artistico che prenderà in seguito il nome di Psichedelia, mostra i nuovi caratteri tipografici dei più famosi poster rock del mondo.
Oltre ai caratteri tipografici, Psychedelitypes riporta alla luce una varietà incredibile di effetti speciali che PLINC ha definito e offerto ai suoi appassionati di lettering come per esempio il famoso riempimento vorticoso e radiale che ha preso il nome di Psychemats, oppure le lenti a distorsione ed i layout caleidoscopici.
La pagina sopra, per esempio, mostra il cosiddetto Kaleidograph, una tecnica che probabilmente è stata usata anche per la copertina e cche è un vero e proprio classico della grafica psichedelica.
Sulla destra invece ci sono esempi di caratteri tipografici tipici dell’editoria e della grafica underground e non solo. Lettering che in seguito avrebbero preso i nomi di Village, Davison Arabesque e Scorpion.
All’interno di questo volume, oramai obiettivo di vere e proprie ricerche bibliofile, troviamo anche alcuni lavori di Manfred P. Kage, chimico , fotografo e regista tedesco che ha avuto il merito di aver coniato il termine “Science Art” alla fine degli anni ’60.
Le sue invenzioni includono “Polychromator” (1957), una sorta di sintetizzatore ottico e “Audioskop” (1965), che consentirono la visualizzazione di musica dal vivo a colori.
Dal 1967 ha sviluppato installazioni multimediali e successivamente ha lavorato insieme ai Pink Floyd su sintetizzatori video e simultaneità fra la creazione automatizzata di suoni ed immagini.
Se ancora non vi siete innamorati di questo opuscoletti che solo a prima vista è stato concepito ad uso e consumo degli addetti ai lavori, ecco alcune pagine che vi possono convincere ulteriormente di quanto spettacolare possa essere lo studio del lettering sixties.